Serena Grandi, l'"Anita" che sogna una stella

Rimini

RIMINI. È stata sveglia tutta la notte per seguire in diretta le premiazioni degli Oscar con una certezza nel cuore: Sorrentino vincerà. Dopo una lunga dormita, nel primo pomeriggio ha raggiunto il suo locale riminese, “La locanda di Miranda”, poi di corsa dal dentista. 

Grazie al regista campano   Paolo Sorrentino, dopo quindici anni l’Italia torna sul tetto di  Hollywood,  e in questa vittoria  c’è anche un po’ di Rimini. O forse, anche più di un po’.  Sei gradi di separazione (tanto per scomodare la teoria dello scrittore ungherese Frigyes Karinthy) uniscono il film premiato alla città romagnola.  Primo, perché  alla Dolce vita  del regista riminese, e ancor più a Fellini e  alla sua grandiosa opera, si ispira  il film che ha trionfato la notte scorsa al Dolby Theatre di Los Angeles. E questo già basterebbe   per rendere la città  felice e orgogliosa.  Secondo, perché    a Paolo Sorrentino, già nel 2010  è stato assegnato  dalla Fondazione intitolata al maestro   il Premio Fellini.  L’allora direttore Paolo Fabbri  «volle fortemente quel riconoscimento per un autore ancora molto giovane e dunque anomalo rispetto alla filosofia del premio, fin lì incardinato su registi già consacrati»  sottolinea   Carlo Bulletti, assessore alla Cultura della Provincia di  Rimini.
 Ma quella di ieri, per Serena Grandi, non è stata una giornata come tante.  Il film in cui ha recitato si è portato a casa l’ambita statuetta.  Ne La grande bellezza  l’attrice   ha una piccola parte, ma di forte impatto: interpreta una ex soubrette televisiva dimenticata che esce da una torta di compleanno di due metri, vestita con un mini abito. Sui seni ha scritto 6 e 5, gli anni del protagonista  Tony Servillo,  re della mondanità perso in tristi baldorie.  Dopo le riprese, ha lasciato Roma per Rimini, dove ha aperto il  locale.

Serena, se l’aspettava questa vittoria?

«Sì, me lo sentivo. L’avevo proprio nel cuore, sapevo che Sorrentino questo Oscar l’avrebbe preso, soprattutto per la prepotente bellezza di questa sceneggiatura. È un   film che è uscito di prepotenza, che ha sbancato tutti i premi e  l’Oscar non poteva mancare. E poi questa  vittoria è anche  un’iniezione di fiducia per la nostra  Italia». 

Dopo l’assegnazione del  Golden Globe e l’attesa degli Oscar  si è sentita con Sorrentino? 

«Sì, ci siamo scritti dei messaggi meravigliosi».

Come festeggerà questo Oscar?

«Io sono a Rimini, vivo qua. Chiaro che se la società di produzione organizzerà  una festa, ci andrò. Ma in questo momento Sorrentino è in America:  è impegnato con i  casting per il nuovo film».

E per lei è prevista  una parte?

«Se mi ama, mi chiama».

Sorrentino ha dedicato l’Oscar a Fellini. C’è un filo rosso che la lega al regista riminese? 

«Secondo me Sorrentino mi ha preso proprio perché ricordo  la bellezza felliniana. Non ha voluto che dimagrissi, anzi mi ha messo un busto affinché sembrassi più grossa. Mi ha fatto fare un po’ l’Anitona della Dolce vita»

Un grande onore. 

«Sì, però me ne sono accorta dopo. Quando nel film dico “Auguri Jep, auguri Roma”, la pronuncia ricorda  quella di Anita quando dice “Come on Marcello”».

Come procederà ora la sua carriera?

«Dovrò scegliere    sceneggiature importanti. Se arrivano bene, altrimenti punterò a una stella Michelin.  Ma mi lasci aggiungere una nota».

Prego. 

«L’unica cosa che mi dispiace  è che qua a Rimini noi riminesi non abbiamo  ancora capito  che cosa abbiamo: Fellini.  Persino la Fondazione è fallita! Sono senza parole.  È  una cosa orribile,  davvero inquietante». (an.batt.)

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