"Il vento i giorni", romanzo di mare e di piccoli piaceri per anime noir

Rimini

RIMINI. Merluzzetti sfilettati, polipi, seppie, aglio che sfrigola in padella, suri e sgombri di giugno pescati con l’amo, bicchieri di vino rosso del Conero. Il vento i giorni (Italic & Pequod) è un romanzo di mare e di piccoli piaceri, ed è l’esordio narrativo di Fabio Fiori (Rimini, 1967), marinaio e scrittore. Un libro il cui ampio orizzonte marino è scandito da minuzie, da ritagli di tempo, nomenclature (sapete cos’è un pugno di scimmia?). Mentre l’acqua adriatica convoglia e mescola lingue, ricette, pratiche antiche di pescatori e marinai. Perché l’orizzonte su un’isola è una circonferenza che stringe. E così la vita stringe i suoi fili attorno alle vite di Cosimo, Anna, Vesna e Andrea, che incontriamo ad Ancona, città-arca cerniera dell’Adriatico.

Fiori, il suo è un libro che fa venire fame.

«Lo è nella misura in cui vuole essere un romanzo di paesaggio, inteso anche in una accezione gastronomica, perché oltre a essere ciò che mangiano, abitiamo ciò che mangiamo».

Sono ricette che sa preparare davvero?

«Sì, assolutamente, le so fare».

Ed è anche un libro autobiografico?

«In parte lo è, anche se c’è la giusta distanza, anche nella scelta di ambientarlo ad Ancona».

Però la passione per il mare, l’Adriatico in particolare, e per la cucina sono sue.

«Sì, è vero. Ma molte cose citate nel libro mi piacciono, altre invece, dalla musica alle opere d’arte, non mi piacciono per niente».

E nel rapporto con l’universo femminile? Il protagonista diviso tra due donne è un suo sogno?

(ride) «Me l’hanno già detto, ma qui ci vorrebbe una interpretazione più di tipo psicanalitico. A parte gli scherzi, sicuramente nel romanzo c’è il tentativo di restituire la condizione di tanti quarantenni, per cui non è tanto un lato personale che emerge ma oserei dire quasi generazionale».

La vivace Anna, o Vesna con la sua tragedia balcanica, sono personaggi positivi. Nel romanzo si avverte un forte afflato verso la donna.

«Che ne esce benissimo. Mentre, per fare un empirico bilancio generazionale, anche se naturalmente è difficile generalizzare, tra i quarantenni vedo molti più uomini sbandati; le donne sono un po’ più concrete».

Come mai la scelta di lasciare “aperte” le storie dei protagonisti?

«Se scegliamo tre mesi a caso della nostra vita, a parte rarissime occasioni come quelle luttuose, molto raramente le storie arrivano a compimento. Sono abbastanza infastidito da film e libri in cui per forza di cose le storie si devono concludere».

Dunque il libro apre e chiude una finestra di pochi mesi sulle vite dei suoi protagonisti.

«Sì, con una eccezione che non vorrei svelare».

È stata una decisione presa prima di iniziare a scrivere?

«Questo è il mio primo romanzo. E ho deciso di cambiare genere dopo essermi appassionato a Francesco Biamonte e ai suoi libri in cui apparentemente non succede niente. È poco conosciuto, ma alcuni dicono sia uno dei grandi autori della seconda metà del Novecento».

Restando in tema culinario, si potrebbe dire che il suo è un libro dal sapore amaro.

«In parte lo è, però ci sono anche pagine molto appassionate. Singoli frammenti delle vite dei personaggi in cui emerge il piacere di una nuotata, di una veleggiata, di una cena a casa, di un incontro con un’opera d’arte. Anche alle esistenze più disgraziate, per fortuna, la vita regala qualcosa di bello sapendolo cogliere e mettere a valore».

Da dove viene questo male di vivere?

«È un discorso cupo, tratteggiato per persone che hanno vissuto una determinata esperienza, come un lutto nell’infanzia, e che si concretizza nella difficoltà a costruire rapporti che vadano oltre a una certa superficialità. Sono riconoscente allo scrittore marsigliese Jean-Claude Izzo e ai suoi noir. Io ho preferito un noir dell’animo».

Un po’ per necessità, un po’ per virtù, ha scelto come “editor” un gruppo di lettori dela Biblioteca di Cervia diretta da Bianca Verri.

«Mi hanno aiutato ad esempio ad alleggerire i dialoghi. Sono sempre alla ricerca di un contraddittorio severo e forte sulla mia scrittura. Oggi è facilissimo pubblicare – dal self publishing a un semplice blog –, difficilissimo invece trovare un editor, un dialogo, una persona con la quale fare un corpo a corpo».

Il libro verrà presentato stasera alle 21 alla Libreria Riminese. Musiche mediterranee suonate da Giuseppe Ceci con chitarra e bouzouki

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