«Salviamo lo spazio per i nostri sogni e torniamo a ripopolare i teatri»

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NOVAFELTRIA. È Giorgio Pasotti a inaugurare venerdì 24 la stagione del teatro Sociale di Novafeltria. L’attore bergamasco ha in curriculum oltre venti pellicole cinematografiche, in tv ha interpretato innumerevoli fiction e film, ed è impegnato anche in teatro, ma non si ferma qui: è anche regista e scrittore, nonché campione italiano, europeo e mondiale di wushu, un’arte marziale cinese.

Al Sociale è protagonista di due momenti: il primo alle 21 di venerdì dal titolo “Forza, il meglio è passato”; il secondo, rivolto alle scuole, nella mattinata del 25: “L’ora di legalità”. Firma la drammaturgia e la regia di entrambi il musicista Davide Cavuti mentre la produzione è di Stefano Francioni.

«Si tratta di due monologhi – spiega Pasotti –: il primo, più umoristico, in cui do voce alle parole di artisti e letterati cogliendo diversi aspetti della loro vita, utilizzando una chiave ironica». La stessa appartenuta a Ennio Flaiano, come dimostra il celebre aforisma a cui si rifà il titolo. Sul palco lo accompagna la danzatrice Claudia Mariangeli.

È sempre un recital il secondo lavoro nel quale Pasotti dà voce a Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Peppino Impastato, per lanciare «un messaggio di speranza finalizzato alla costruzione di un ponte tra istituzioni e cittadini sottolineando l’importanza della partecipazione e la riaffermazione del valore della libertà e dei principi della legalità».

Questo spettacolo sottintende un aspetto sociale e politico, dunque lei crede nella funzione educativa del teatro?

«Sì, certo, profondamente. E io sento questa responsabilità. Nelle mie scelte professionali c’è sempre stata tale consapevolezza. Credo che l’impegno debba coniugarsi con l’intrattenimento che non deve mai mancare».

Ai ragazzi che vengono condotti in teatro arriva il messaggio?

«Arriva eccome! È vero che quando sono in teatro gli studenti hanno voglia di far tutto fuorché ascoltare, però piccoli segnali vengono intercettati per poi scendere in profondità. Capiscono che il teatro non è solo una gabbia mortale e può essere un’esperienza anche divertente ed entusiasmante. Certamente servono delle chiavi di ingresso adatte a loro e come nelle montagne russe, si devono alternare momenti diversi, creando un giusto equilibrio».

Perché portare in scena un recital come “Forza, il meglio è passato”?

«Mi diverte molto, è una sorta di viaggio personale dove io prendo ciò che mi serve per trasmettere un pensiero sempre condito con ironia e leggerezza, io sono schiavo di questo tipo di spettacolo, che ricorda ciò che in principio era la commedia dell’arte».

Un’ora e mezza, passando da Shakespeare a Marquez, da Silone a D’Annunzio: ma il messaggio qual è?

«È un messaggio in difesa della vita, che va assaporata nella sua beatitudine e ammirata nella sua bellezza. Non a caso il testo si conclude così: salviamo lo spazio concesso ai nostri sogni, la nostra speranza diventerà un segno di libertà».

Lei e Cavuti avete già collaborato; su cosa si basa il sodalizio?

«Sulla capacità di intenderci, che è rara. In realtà il sodalizio è a tre, nel trio c’è il produttore, e tutti abbiamo la stessa idea di spettacolo, per me fondamentale».

Seppur giovane, lei ha un’esperienza artistica ampissima, senza considerare quella sportiva. Cosa predilige tra il cinema, la tv, il teatro, la narrativa, la regia?

«Davvero non so rispondere, seguo l’istinto e scelgo di fare ciò che è più vicino alle mie corde. Se fai le cose che ami ti senti un fuoco dentro, e ti impegni con serietà e entusiasmo, se viene meno cambio. L’ho fatto con lo sport che era la mia vita, ma esaurita la spinta ho scelto altro».

Ci parli della disciplina nella quale è stato campione. Cosa le ha dato come uomo e come artista?

«Le arti marziali portano tanto, sono al di là dello sport perché formano sia il fisico che il carattere. Io le consiglio a chiunque e a qualunque età, ci sono dei pregiudizi invece è adatto a tutti».

Lei è cosmopolita, ha vissuto tre anni in Cina, poi a Los Angeles, ha girato molto, parla 5 lingue, ma dove le piacerebbe vivere?

«Domandona. Ci penso spesso. Non a Roma anche se ora ci sto perché c’è mia figlia ma la città sta vivendo un momento buio, scuro. Nonostante tutto, in Italia si vive bene e soprattutto nelle realtà provinciali c’è una buona qualità di vita».

A proposito di provincia conosce bene la Romagna?

«Come no! Ci ho passato le vacanze sulla riviera. La amo profondamente per la sua capacità di accoglienza, la gente è solare, educata, ti fa sentire a casa. Si sta proprio bene, si mangia bene e la reputo una terra vivace e ricca dove è bello tornare».

Ci tornerà col nuovo spettacolo “Sogno di una notte di mezza estate”?

«Credo proprio di sì, anche se ancora non conosco le tappe della tournée, il debutto è previsto il 9 gennaio all’Esilio, a Roma, poi si parte».

Cosa si sente di dire al pubblico?

«Ripopolate i teatri, tornate a frequentarli, è un’esperienza live senza precedenti che si rinnova ogni sera quindi è sempre unica e irripetibile».

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