L’impegno, il groove, il flamenco... Con Silvestri la musica è una festa

Rimini


VERUCCHIO. Un po’ funky e un po’ caraibico. Un po’ rivoluzionario e un po’ cantautorale. Daniele Silvestri sul palco si diverte, e si vede. Ad esempio a Verucchio, mercoledì. Cinquecento persone, un panorama suggestivo davanti alla Collegiata (tutto l’Overtour tocca luoghi caratteristici) e una band carica e potente fatta apposta per supportare quasi due ore e mezza di concerto. Sette musicisti egregi più Silvestri che cambia chitarra a ogni piè sospinto, canta, suona al piano, gioca con le tastiere o si diverte con la batteria. E il finale è tutto un ridere e abbracciarsi come se la squadra avesse vinto il campionato, mentre il pubblico – che già da un po’ ha lasciato le sedie per correre sotto al palco – balla e acclama a gran voce.
L’inizio è da solo, al piano, con Prima di essere un uomo, anno 1995: «Va bene cominciamo, che prima concludiamo e prima posso andare via...». Ma poi ben presto la fiesta comincia. Silvestri presenta i musicisti uno per uno: a partire dall’egregia sezione ritmica in cui spicca il groove del basso di Gianluca Lazzarotti – che asseconda anche qualche divertente fuga dance –, con Piero Monterisi alla batteria, Gianluca Misiti e Duilio Galioto alle tastiere, Sebastiano De Gennaro a percussioni e vibrafono, mentre Daniele Fiaschi suona l’altra chitarra e Marco Santoro fagotto, tromba e cori.
"Acrobati", l’ultimo disco, del 2016, più poetico e meno politico dei precedenti, anche dal vivo conferma spessore narrativo e maturità artistica, ma nel corso dei 140 minuti è l’ironia il fiume nemmeno tanto carsico che scorre in mezzo alle note e alle parole, da Manifesto del 2002 alla hit del ’95 Le cose che abbiamo in comune, dall’«amara» (parola sua) Domani mi sposo fino al divertente Flamenco della doccia (1994) che trascina tutti, musicisti e pubblico, in una bagarre maliziosa («Ti prego dammela, non puoi negarmela»). L’estate è nell’aria, e la musica è anche divertimento.
Tra le istantanee di una intensa serata, tre toccanti momenti con la romantica Occhi da orientale, ma anche Desaparecido e l’ispirata e dolente La mia casa: «Forse casa mia è a Parigi, tra la Bastiglia e il Bataclan». Spicca anche la bellissima Quali alibi, una perla tratta sempre da “Acrobati”. Poi naturalmente ecco La paranza, Il mio nemico e Salirò con cui Silvestri porta tutti a ballare. Finale e bis regalano Sono io, Testardo e una corale Cohiba dedicata a Cuba. Forse il Silvestri di oggi non la scriverebbe più così, ingenua e ottimista, ma è questo l’inno che canta insieme al suo pubblico. E che festa sia.

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