Una saga familiare prima del fascismo

Rimini

RIMINI. Si presenta come un “romanzo storico con giallo” l’ultimo “divertimento” di Giuseppe Chicchi, “La partecipanza”. Una deliziosa saga familiare ambientata negli anni che precedono l’ascesa del fascismo, il suo affermarsi fino alle leggi razziali, e che, nonostante il tema decisamente drammatico, viene raccontata con ironia e brio del tutto originali.

Tra Bertolucci e Vittorini

Facendo un torto all’autore si potrebbero prendere a prestito “Novecento” di Bernardo Bertolucci e “Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini, per instradare il lettore verso uno sguardo narrativo che nasce, si dipana e si sostiene nelle vite di persone comuni, ciascuna delle quali rappresenta idee e atteggiamenti politici nel drammatico tumulto degli anni del primo dopoguerra. Ma sono solo sapori che emergono come madeleine di questo modesto lettore: la sensualità a tratti prorompente o il rapporto stringente della vita con le forze della natura di Bertolucci, la cesellatura politica dei personaggi del romanzo di Vittorini. Echi flebili che lasciano il posto alla dinamicità del racconto, alla verve che tratteggia le figure del romanzo, all’ironia che l’autore dissemina e dilata negli episodi, fino a far chiedere al lettore: ma... è lo stesso Chicchi che conosciamo, dall’oratoria così puntigliosa nel ricostruire la storia, la società, l’evoluzione della politica italiana?

Sì, è lo stesso Chicchi, ex assessore regionale all’Ambiente ed ex sindaco di Rimini, solo che ne “La partecipanza” ha scelto un piano narrativo completamente diverso. Ha preso le mosse dalla propria biografia familiare come un pretesto, ma a parte le radici modenesi e romagnole dei personaggi e pochi altri tratti, l’ha abbandonata per plasmare una saga familiare che racconta di quegli anni per parlare, con una chiara filigrana, dei nostri, sicuramente meno sanguinosi ma non meno politicamente confusi e passionalmente violenti.

Solletichio felliniano

Facciamo un altro torto all’autore prendendo a prestito Fellini, che ricostruendo a Cinecittà Rimini la rende universale, il borgo nel quale chiunque, con un po’ di immaginazione, in questo caso politica, si può riconoscere. Scusate quest’ulteriore madeleine, messa qui non certo per fare iperboli o paragoni, ma per sottolineare il solletichio trovato tra le righe di queste piccole storie di provincia che attraversano due generazioni, amori, un a tratti commovente rapporto tra padre e figlio e sopratutto l’incedere della Storia nella vita e nelle scelte di tutti i giorni.

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