Giuramenti, la forza delle speranze non ancora perdute

Rimini


CESENA. «Invecchiare è forse la consegna del proprio fuoco al tempo».
Le sedie del teatro borghese scricchiolano mentre il pubblico prende posto nei palchi dorati. Sul proscenio il coro prostrato intona con lentezza un canto popolare; la platea è dormiente, coperta, come un morto per strada. Ci si riflette il mare.
Eccoli, i “Giuramenti” di Mariangela Gualtieri e Cesare Ronconi, pieni di energia che freme, ispirati. È la forza dei corpi giovani e puri, delle speranze non ancora perdute, di una vitalità che si esprime nel correre, nel chiedere a gran voce una domanda del domani. Ronconi allestisce con pochi mezzi un affresco struggente e vivificante, i cui personaggi sono voci che fuoriescono e si incarnano, una ad una, seguendo un ritmo che è come il battito del cuore. I coreuti sono là, hanno vent’anni e reclamano attenzione, reclamano vita, futuro.
Il Bonci – dove “Giuramenti” ha debuttato mercoledì scorso – imprigiona a tratti la forza di questo dramma essenziale, che nel suo pauperismo scenico innesta dolori e sudori di danze e salti e giravolte, sublimando le parole perfette di Mariangela Gualtieri, la cui scrittura poetica aderisce ai movimenti come una pelle giovane ai muscoli: «Dio? È un bambino, ti dico. Non sa – non vede. Tutto gli sembra un gioco».
Ma Gualtieri non è sola: Büchner e Sachs diventano una ninna nanna. Milosz e Herbert sono parte del tutto. E le parole di Victor Cavallo ispirano il “feroce” coro finale, quando l’enunciarsi dei nomi diventa denuncia all’oltraggio dei corpi: «Ciao Samir ciao Nasserdine ciao Boumedienne... ragazze rotte ciao».
I giuramenti sono grida, invocazioni, affermazioni di sé: una grande, immensa, dichiarazione d’amore al teatro e alla vita, un passaggio di testimone. Da Cesena parte un messaggio che ogni teatro – in Romagna e altrove – dovrebbe cogliere, perché «le parole dei maestri sono un bene sicuro».

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