L'arte della provocazione

Rimini

RIMINI. Quando, nel 1977, Marina Abramovic e il compagno Ulay si disposero, completamente nudi, ai due lati dell’ingresso della Galleria d’arte moderna di Bologna, obbligando il pubblico a sfiorare i loro corpi, lo scopo era esplorare la reazione dei visitatori: entrare o non entrare? E da che parte volgersi? Per la cronaca, la maggioranza delle persone entrò rivolgendosi verso il corpo nudo di lei, l’artista serba divenuta ora la superstar dell’arte contemporanea. Una citazione colta dunque, quella proposta dalla compagnia ravennate Fanny & Alexander sabato sera al Cocoricò. L’avevano già messa in scena nel Capodanno 2003, mentre nel 2005 due performer si erano distesi, nudi, all’ingresso della discoteca (e chi frequenta i teatri di ricerca non se ne stupirà: il nudo in scena è abbastanza usuale).

Ma è dall’inizio degli anni Novanta che il locale riccionese ospita il cosiddetto “teatro da discoteca”: i primi a cercare un nesso tra l’avanguardia teatrale (quella della famosa Romagna felix, per la floridezza del settore) e il rutilante mondo della notte furono i Teddy Bear di Gerardo Lamattina, Monica Francia e Luigi De Angelis, che in seguito fondò i Fanny & Alexander: ispirandosi all’azionismo viennese, i Teddy Bear (sta per uscire un ebook che celebra i 20 anni del gruppo) si chiudono in una teca di vetro cosparsi di mosche, o ricreano un peep show citando Francis Bacon. In Vile body (1998) nel negozio di Krizia a Milano due attori si spogliano in vetrina estraendo uova sode dagli slip e gocciolando sangue su un coniglio bianco: anche in quel caso arriva la polizia, gli attori portano a termine lo spettacolo solo grazie all’intervento della stilista, ma l’intera rassegna viene poi annullata. Qualche mese dopo a Firenze, in un negozio di scarpe, arrivano i Carabinieri e scatta la denuncia per atti osceni in luogo pubblico con multa di 700mila lire.

E i ravennati non sono i soli a uscire dai teatri: sempre al Cocoricò, è la Socìetas Raffaello Sanzio di Cesena a presentare una singolare e provocatoria performance: un attore sollevato con un argano al centro di una sorta di ring circondato da quarti di bue sanguinanti. Il confine tra rappresentazione teatrale e body art è sempre più esile: il corpo del performer si fa strumento da plasmare o da mettere alla prova (ne è un esempio estremo la francese Orlan, che porta al limite la pratica facendosi impiantare corna e altre protesi facciali). È quella stessa, celebratissima Sanzio che tra il 2011 e il 2012 subisce violenti attacchi e accuse di blasfemìa per lo spettacolo Sul concetto di volto nel figlio di Dio. Sono i segni di un’arte vitale che tocca nervi scoperti, o i rigurgiti di un Paese retrogrado che non sa distinguere tra creazione artistica e oscenità?

Marco Cavalcoli dei Fanny & Alexander, il giorno dopo il casus belli, è stupito: «Nello spettacolo Heliogabalus, ad esempio, mettiamo in scena tre performer nudi: lo abbiamo presentato all’Arena del Sole di Bologna o ad Anversa, e non è mai accaduto nulla. L’accusa di concorso in atti osceni è destituita di fondamento, il pubblico del Cocoricò era incuriosito dalla performance, e per chi non se la sentiva c’era comunque la possibilità di accedere al locale da un secondo ingresso. Di certo non cambieremo la nostra mentalità rispetto al nudo per questo episodio».

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