Ballando con Lucio Dalla

Rimini

CESENA. Nuova prima nazionale al Bonci di Cesena questa sera alle 21, dedicata alla danza e alla bellezza poetica delle canzoni di Lucio Dalla.

A due anni dalla improvvisa scomparsa, arriva l’omaggio “Futura, ballando con Lucio”, spettacolo realizzato dal Balletto di Roma di Walter Zappolini su coreografie di Milana Zullo, ballerina e coreografa di lungo corso (romana, formazione classica fino ai 19 anni, seminari e attività in Francia, Londra, Germania, studi di mimo e di bioenergie, coreografa ancora giovanissima. Fra i premi internazionali, il prestigioso “Prix Volinine” a Parigi nel 1995).

La novità è la presenza di Giampiero Solari, autore, regista di pièce teatrali e cabaret. È stato Solari il suggeritore della nuova opera, da lunedì in prova al Bonci. La colonna sonora è realizzata da Roberto Costa, già amico e collaboratore di Dalla; lascia “intatti” alcuni brani e ne rielabora altri con rispetto del maestro. Questa “Futura, ballando con Lucio” si annuncia, sulla carta, un’opera con sguardo sulla danza a largo raggio. Non solo musica, non solo coreografia, non solo teatro, non solo drammaturgia e sguardo registico, ma certo un po’ di tutto ciò. Lo dimostra anche il fatto che i danzatori usano la propria voce per decantare versi di Dalla.

Ha forse l’ambizione di avvicinarsi a una forma di teatro danza, Milena?

«Non necessariamente – risponde la coreografa Milena Zullo –. La definirei un’opera in movimento nella quale la parola ha un grosso valore, teso a fare emergere il Dalla poeta. La voce dei ballerini spinge l’opera a un teatro di parola, ma in questo caso le parole hanno solo valore di suoni. Il senso lo lasciano ai testi di Dalla».

È dunque un omaggio?

«È un omaggio voluto e sentito per un artista grande che forse non è stato compreso nella sua profondità, ma di cui si è colta l’accattivante vena comunicativa. Per questo cerchiamo di esaltare l’essenza dei suoi testi».

Come è nato il sodalizio sinergico fra lei e Solari?

«È stato un incontro casuale, frutto di un progetto da lui voluto. In un primo tempo sembrava la coreografia dovesse realizzarla Castello, poi è stata affidata a me. Subito Solari ed io siamo entrati in sintonia; lui mi ha lasciato carta bianca, nonostante l’idea del progetto fosse sua. La sua presenza “di accompagno” consente alla mia coreografia di esaltare meglio le atmosfere, l’humus del mondo di Lucio».

Cosa chiede ai suoi danzatori?

«Come già in “Contemporary tango” (balletto ora sulle piazze italiane con Kledi Kadiu) ma ancora di più, sul palco non voglio vedere danzatori ma persone, esseri umani che si muovono nello spazio e raccontano il mondo “dalliano” di cui Solari ed io cerchiamo di fare emergere alcuni segni. Ingredienti utili a entrare in quell’universo; vorrei che la mia danza si colorasse di quel mondo, attraverso il rapporto danzatore/parole con drammaturgia di taglio teatrale».

Desidera insomma danzatori interpreti.

«I 13 ballerini della compagnia sono multiformi e duttili, alcuni di esperienza, altri più giovani. Si sono lasciati felicemente coinvolgere da questa modalità di danzare, nuova per danzatori di matrice classica chiamati ad agire anche con la bocca. Qui disponibili a fare nascere il gesto dall’emozione, a usare il corpo non come pantomima, ma ricercando verità nel sentire».

Come avete pensato scena e costumi?

«La scena vive col movimento, appare surreale ma è assai materica, non descrittiva. Si nutre delle suggestioni che derivano da un quadro composto da migliaia di frammenti di fogli e pezzetti di carta contenenti le canzoni di Dalla. Costruiscono una porta, un muro attraversato da danzatori che, così facendo, emettono vibrazioni. Ecco, c’è un senso di vibrazione costante che sottolinea la vitalità dell’artista. I costumi particolari sono ora ampi, ora fatti di niente, di tonalità grigia, giocano sui contrasti di leggerezza e profondità».

La sua danza contemporanea è costruita con danzatori classici. Crede nella formazione accademica, sempre meno presente nelle nuove compagnie contemporanee?

«Credo tanto nella formazione classica che va a creare un terreno nel corpo del danzatore unico, che a volte è poi necessario sfasciare. Ma la rottura delle linee, la disarmonia, passa da un’armonia appresa da bambini. In “Futura” solo nel prologo iniziale mi servo di punte, sulle note di “Balla balla ballerino” metafora di noi uomini in cammino».

Lo spettacolo si chiama Futura: quale futuro per la danza?

«Benché il mio pane sia la danza, credo che i problemi maggiori siano legati alla mancanza di una visione culturale; siamo incapaci di percepirci come paese capace di nutrirci di cultura».

Lo spettacolo sarà ancora in Romagna il 28 febbraio al Diego Fabbri di Forlì e il 28 marzo al Della Regina di Cattolica.

Info: 0547 355959

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