L’Orestea di Castellucci, 20 anni dopo

Rimini

CESENA. Giunge a fine tournée e, si può aggiungere, anche alla fine di un percorso ventennale, Orestea (una commedia organica?), lo spettacolo di Romeo Castellucci ideato con la Socìetas Raffaello Sanzio di Cesena. Al teatro Argentina di Roma, in prima nazionale per Romaeuropa festival (4, 5 e 6 ottobre), Orestea chiude il sipario sulla sua storia scenica. Una storia cominciata al Comandini di Cesena, teatro di casa, nel marzo 1995. Il debutto fu al Fabbricone di Prato; poi a Villa Torlonia nel luglio 1995, per il Festival di Santarcangelo di Leo De Berardinis. Replicò qua e là, Bonci compreso, fino al 1997. Quindi venne riposta, anche per una prolificità incessante di regista e compagnia proiettati in altre grandi opere; quelle che avrebbero segnato i lavori scenograficamente più imponenti dell’autore.
Poi, un anno fa, il Festival d’automne di Parigi richiese al regista quello spettacolo, amatissimo in Francia. Non solo; pretese la stessa Orestea di vent’anni prima, in una edizione quasi filologica, che ha debuttato all’Odéon nel dicembre 2015. Una novità questa per Romeo, poco aduso a riproporsi in forma identica. Eppure, proprio quel “come eravamo” si è rivelato una chiave di volta, sorprendente per lo stesso regista; Castellucci si è trovato a dover fare i conti con il passato ripresentatosi al cospetto di un autore cambiato, come lo sono i tempi.
«Il ritorno è stato molto faticoso – spiega infatti Gilda Biasini della compagnia –, Orestea è uno spettacolo assai impegnativo, anche per l’uso di animali in scena; la legislazione oggi è severa, al punto che in qualche teatro non ci hanno voluti».
Gli animali per anni sono stati una caratteristica del teatro della Socìetas Raffaello Sanzio.
«È vero, ma oggi andare in scena con un somaro, due cavalli, e sei scimmie macachi diventa un’impresa. E se per somaro e cavalli i problemi si sono superati, per i sei macachi ogni volta abbiamo rischiato di dover annullare tutto».
Sarebbe stato più facile con scimmie diverse?
«Forse; ma i macachi, che in scena gridano, hanno un significato preciso; rappresentano le Erinni che tormentano Oreste fino a quando non diventano Eumenidi. Ecco perché Romeo ha voluto quella specie».
Dove avete presentato Orestea?
«Prevalentemente in Francia, con una tappa in Belgio e un’altra in Germania. Ripeto, è uno spettacolo impegnativo e complesso; gli animali creano anche escrementi e sporcizia».
Insomma, Orestea è tornata in un mondo cambiato: che effetto fa rivederla vent’anni dopo?
«Romeo l’ha definita “una capsula nel tempo”; a me ha procurato un effetto strano; oggi lui ha un approccio più essenziale, lavora meno sulla quantità. La reazione del pubblico è stata però molto positiva».
Fra i romagnoli del nuovo cast ci sono anche Simone Toni come “coniglio”, Loris Comandini “Agamennone” e Nicoletta Magalotti, nota come NicoNote, nel ruolo di “Cassandra”, lo stesso di vent’anni fa.
«Lo considerai un privilegio allora, figuriamoci essere stata riconfermata! – esordisce Nico –. Riprendere quella parte così viscerale è stato come risentire lo stesso fuoco dentro».
Cosa cambia?
«Noi siamo cambiati, per questo diventa una nuova esperienza. È una scena barbara: nudità, animali, sporcizia, odori forti, gesso, sangue. Possiede una lingua scenica che aggiorna le tematiche forti che troviamo nella vita d’oggi, nella sua tragedia. Basta dire che abbiamo debuttato a Parigi dopo i fatti del Betaclan».
Archiviata Orestea, Romeo presenterà a Madrid e in Polonia Go down Moses, mentre si appresta al nuovo lavoro La democrazia in America (dal libro del 1835 di Alexis de Tocqueville); il debutto è per il marzo 2017 ad Anversa, in Italia sarà a Prato in aprile.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui