E adesso, largo all'art déco!

FORLÌ. È alla conclusione la mostra Piero della Francesca: indagine su un mito dei Musei San Domenico, a Forlì, che si attesta alla terza posizione per numero di visitatori fra le undici grandi esposizioni proposte da Fondazione Cassa dei Risparmi e Comune di Forlì. Ma non è solo tempo di bilanci: Gianfranco Brunelli, curatore e coordinatore delle mostre forlivesi, annuncia, un po’ a sorpresa, la nuova linea di ricerca per il 2017: «Una mostra sull’art déco che completa un quadro tracciato in questi anni, e ben connesso con Forlì, autentica “città del Novecento”».
Molte le domande ancora aperte sulla nuova mostra, ma molte anche le risposte su quella che termina oggi: Alberto Rossetti, direttore di Civita Cultura, ricorda i 968 visitatori giornalieri, per un totale di 115.000 presenze, e un cambiamento interessante rispetto al passato, compresa la mostra su Canova da oltre 150.000 biglietti: un tre per cento di presenze straniere giunte a Forlì da Spagna e Polonia, Germania e Francia. Inoltre, il fatto che il 32% dei visitatori giunga a Forlì per la prima volta «è un segno – commenta Rossetti – che la forza propulsiva delle mostre al San Domenico è ancora molto forte».
Soddisfatta anche l’assessora alla Cultura del Comune di Forlì, Elisa Giovannetti: «A parte il rilievo artistico e scientifico di queste mostre, ne risulta una valorizzazione del lavoro dei tanti operatori culturali: dalle guide ai traduttori, ai restauratori… le cui competenze e la cui professionalità possono emergere portando vantaggio inoltre all’intera comunità».
È stata davvero una scommessa, la mostra su Piero: «Una mostra in qualche modo sofisticata – sottolinea il presidente della Fondazione Carisp, Roberto Pinza – perché andava a indagare la fortuna critica e la valenza simbolica dell’autore nei secoli. Non per niente, ha avuto un rilievo internazionale, con articoli su Le Monde e Wall Street Journal, per esempio, e con le visite di personaggi come Michail Borisovic Piotrovskij, direttore dell’Ermitage, Mario Draghi, i ministri Poletti e Franceschini».
Ma l’attenzione torna all’esposizione su quell’art déco «che forse è un capitolo parziale – afferma ancora Brunelli –, ma decisivo nello sviluppo artistico del Novecento. È un gusto, è uno stile, è un elemento di fascinazione anche dal punto di vista della cultura politica e sociale che caratterizza Europa e Stati uniti. E proprio ora, con ciò che la storia, inaspettatamente, ci sta proponendo, tornare agli anni Venti e Trenta è fondamentale. Se la definizione risale al 1925, alla Exposition Internationale des Arts Décoratifs, di Parigi, in realtà infatti l’influenza dell’art déco è amplissima, va dal cinema all’architettura, alla moda.… Forte anche il legame con il Liberty, con cui poi entra in contrapposizione, sostituendo alle morbidezza delle linee naturali, le geometrie e il prismatico sfavillare delle “luci delle città”».
Resta quindi il senso vitalistico del Liberty, ma «sullo sfondo delle opere di Matisse e Picasso, di Casorati e Brancusi, in mostra, o Giò Ponti – con cui Forlì ha un debito particolare per l’Hotel della Città– la storia sta già disegnando l’orizzonte cupo dei nazionalismi: un monito sulla bellezza, quando scarnificata della sua base etica, e sulla nostra capacità di illusione, che spesso, purtroppo, ci impedisce di “vedere”».

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