Un grandissimo Toni Servillo in "Legge Napoli"

CESENA. Cambia voce passando dall’italiano perfetto e senza inflessioni, al napoletano arcaico/moderno, quello colto e quello pezzente; cambia età e perfino sesso con una naturalezza sconcertante; cambia timbro, registro, cambia modo di porgere le parole; cambia dal recitato al parlato al cantato a cappella... Toni Servillo è un mostro di bravura, una macchina teatrale da guerra, un gigionissimo istrione della napoletanità, un mattatore assoluto, il suo “Servillo legge Napoli” è il più bello spettacolo teatrale visto in Romagna in questa stagione che si è appena chiusa al Bonci. E poggia tutto sulle sue spalle, ma soprattutto sulla sua lingua – intesa come idioma partenopeo ma anche come pezzo inarrestabile del suo corpo – nonché la sua gola vibrante e i suoi polmoni da maratoneta. Servillo, da molti ritenuto oggi il miglior attore italiano e uno dei più bravi al mondo, pur avendo avuto la sua consacrazione cinematografica, resta un animale da palco, una “bestia” da scena, quella che riesce a riempire con la sua presenza acustico-mimico-posturale senza eguali. Uno spettacolo che poggia sì su alcuni classici della poesia partenopea (per tutti “A livella” di Totò) alternati con brani di nuovi autori. Ma soprattutto è tenuto in piedi dal suo eolico fiato e da una memoria bifronte: da una parte quella sua propria, interna, da terabyte; dall’altra quella delle radici napoletane che ti prendono per mano e ti portano con lui a passeggiare tra i vicoli, a entrare nei “vasci” (gli squallidi bassi dei quartieri spagnoli), a gettarsi nel mare, e perfino a entrare e uscire da Paradiso, Purgatorio e Inferno, sempre “coniugati” alla partenopea.

Non era facile far apprezzare questo “one napolitan show” lontano dal meridione: la velocità e anche la “strettezza” della pronuncia, rende a volte la comprensione difficile anche a chi è nato a sud di Roma. Ma non ha nessuna importanza: ciò che arriva è la “musica”, la poesia, la profondità e la leggerezza, l’amore per la sua terra. E in questo, Servillo rende un grande servigio alla lingua napoletana, confermandola universale. Applausi!

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