Tibet, storia di troni, nuvole e leoni

Rimini

RIMINI. C’è un rapporto di amicizia e vicinanza strettissimo tra Rimini e il Tibet e in particolare con il suo leader spirituale, il Dalai Lama. Si deve all’associazione Italia-Tibet, presieduta da Claudio Cardelli, sodalizio che ha portato il leader spirituale in Romagna una prima volta nel 1994 quando ricevette la cittadinanza onoraria di Rimini, e una seconda volta nel 2005, quando piantò un gelso nell’Orto dei frutti dimenticati del suo amico Tonino Guerra a Pennabilli.

L’ultima iniziativa è una interessantissima mostra sulla cultura tibetana dal titolo Un trono tra le nuvole: 1876-1960 la storia moderna del Tibet raccontata attraverso l’autobiografia del XIV Dalai Lama, che si terrà dal 29 gennaio al 28 febbraio nel Museo Tonini, nelle sale delle Teche e del Giudizio, a ingresso libero.

La mostra, curata da Giovanni Carlo Rocca e da Cardelli, presenta libri, giornali e riviste d’epoca, fotografie e manufatti originali tibetani: 86 anni di cammino attraverso gli avvenimenti del Tibet, raccontati dalle parole tratte dall’autobiografia del XIV Dalai Lama, pubblicata nel 1962, dal titolo La mia terra, il mio popolo. Il progetto dell’esposizione e degli eventi collaterali è nato dalla collaborazione tra il Comune di Rimini, assessorato alla Cultura, l’associazione Purple Middle Way e l’associazione Italia-Tibet. La mostra è corredata di un volume-catalogo sulla storia moderna del Tibet, edito dalla casa editrice Purple, tradotto anche in inglese e in tibetano. All’interno, un messaggio di sostegno ufficiale all’iniziativa da parte del XIV Dalai Lama.

L’inaugurazione si terrà il 30 gennaio alle ore 16. Ma gli eventi collegati (nella Sala del Giudizio) partiranno già il 29 gennaio alle ore 21 con Piero Verni che presenta il suo libro Tulku, le incarnazioni mistiche del Tibet (Venezia 2015). Si prosegue il 4 febbraio alle 21 con la proiezione in anteprima del film prodotto da Clipper Media con Rai Cinema Esuli: Tibet di Barbara Cupisti e del cortometraggio Sons of Tibet di Pietro Malegori.

Il 5 febbraio alle 18.30 Guido Bartolucci (Università della Calabria) presenta il libro della studiosa riminese Chiara Bellini Nel Paese delle Nevi. Storia culturale del Tibet dal VII al XXI secolo (Einaudi 2015). Sarà presente l’autrice.

L’11 febbraio alle ore 18.30 Claudio Cardelli parlerà di Fosco Maraini: una vita per l’Asia, vita e opere del grande orientalista italiano. Il 18 febbraio, alle ore 18.30, Carlo Buldrini presenta il suo nuovo libro Pellegrinaggio buddhista (Lindau 2016 ); il 25 febbraio dalle 17 alle 19.30, il “Giuseppe Tucci day” con la presentazione delle opere L’esploratore del duce di Enrica Garzilli e La pittura sacra del Tibet, prima edizione italiana di “Tibetan Painted Scrolls” a cura de Il Cerchio con Fabian Sanders (università Ca’ Foscari, Venezia) e Adolfo Morganti. In conclusione l’opera multimediale Tucci tra il concreto e l’astratto a cura di Arte Nomade, con Maurizio Serafini. E alle 21 la proiezione in anteprima del film Earth Sutra di Carot & Sàenz De Heredia e conferenza di chiusura.

Tornando alla mostra, che si è già tenuta con successo a Torino, tra le particolarità, da segnalare la presenza di un grembiule realizzato con ossa umane, un copricapo regale, e l’immagine del XIV Dalai Lama appena insediato negli anni 50 sul suo Trono del leone, addobbato con un drappo che ha ricamate 4 svastiche. Ovviamente non si tratta delle svastiche naziste che sono sempre levogire (volgono a sinistra), ma sono quelle, anche destrogire, simbolo cosmico del fluire della reincarnazione. Quelle adottate dal partito nazista appartenevano a un culto sciamanico asiatico precedente al Buddismo, ritenuto fondante della razza ariana da parte dei seguaci di Hitler, nella loro scriteriata ricerca della purezza della razza bianca.

Il fulcro della mostra è di carattere storico-documentale: va dal 1850 al 1959, il periodo di “regno” del XIII e XIV Dalai Lama, tutt’ora vivente. Un percorso la cui unicità e peculiarità risalta nella distanza della cultura tibetana da quella occidentale ma anche da quella cinese con cui pure si intreccia, vista l’invasione del 1950 da parte della Cina che ha occupato il Tibet, spingendo il Dalai Lama alla fuga verso l’esilio nel 1959.

Cardelli, che tra le altre cose è uno dei fondatori del gruppo rock dei Rangzen – cultori della musica dei Beatles – sottolinea che anche questa sua altra passione si intreccia con il Tibet: «Una canzone dell’album Revolver dei Beatles, Tomorrow never knows, fu scritta da Lennon nel 1966, ispirata dal libro tibetano dei morti, e racconta di un coro di monaci che cantano sulla collina con il Dalai Lama, a cui la canzone fu dedicata». (sa.ba.)

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