Se anche il fanciullino finisce nella Rete

FORLÌ. Dal 23 gennaio, gli oltre 60.000 documenti dell’archivio di Giovanni Pascoli (1855-1912), conservati nella casa di Castelvecchio (Barga), dove il poeta e la sorella Maria scelsero di abitare dal 1895, sono consultabili anche on line.

È in rete infatti il portale pascoliano promosso dalla Soprintendenza archivistica della Toscana in collaborazione con la Scuola Normale Superiore di Pisa. La gestione informatizzata delle carte, collegata alla loro riproduzione digitale, apre vie di ricerca e di approfondimento agli studiosi e agli appassionati. A questo poi si aggiunge la possibilità di “entrare” senza muoversi dal proprio computer nella casa-museo di Castelvecchio, quel “nido” che, alla morte di Giovanni, nel 1912, Maria volle rimanesse intatto, una sorta di “sacrario” dedicato alla memoria del fratello, e che è ora proprietà del Comune di Barga.

«La digitalizzazione realizzata a Castelvecchio è un percorso fondamentale anche per altri archivi del genere – commenta Valentina Ravaioli, assessora alle Politiche giovanili del Comune di Forlì e studiosa del poeta di San Mauro su cui sta realizzando un importante lavoro di ricerca –. Riuscendo a reperire più facilmente le fonti primarie, si ricostruirà infatti in modo più veritiero l’esperienza di Pascoli rivedendo la vulgata che lo riguarda, in parte avallata dalla biografia della sorella: di fatto l’unica “autorizzata”, ma che estromette o minimizza elementi non ritenuti conformi all’immagine che di Pascoli si voleva costruire».

Il teorico della poetica del “fanciullino”?

«Ma questo andrebbe ancora bene. No, penso semmai al poeta del dolore, del nido, della dimensione familiare… Il Pascoli degli anni dell’università però è molto diverso da questo ritratto. A Bologna infatti andò per seguire Andrea Costa e si impegnò nell’Internazionale socialista affrontando anche guai con la giustizia. Era un ribelle all’autorità, cosa che del resto aveva già dimostrato ai tempi del liceo a Rimini con atteggiamenti molto vicini al materialismo di Leopardi, un goliardo che frequentava le osterie e a volte “marinava” le lezioni… non proprio uno studente modello».

E i documenti di Castelvecchio mostrano anche “questo” Pascoli.

«Certo: penso alle lettere, alle riflessioni diaristiche… Credo che sia importante rinnovare la prospettiva su un artista che anche la scuola stessa ha un po’ banalizzato non mettendo in luce quanto sia stato innovativo riguardo alla traduttologia o alla critica testuale. Pascoli, nel momento in cui a regnare sovrano sull’università è Carducci, ha invece il coraggio di porsi fuori da quella scuola, mettendosi in competizione con il suo maestro con una sensibilità tutta moderna: ha il coraggio di mettere in discussione un canone, un’autorità».

E questa “eversione” viene realizzata anche in altri campi rispetto a quello della poesia?

«Certo: uno dei lati più interessanti e meno studiati è quello del Pascoli insegnante, protagonista di un coinvolgimento diretto degli studenti nelle lezioni che gli fruttò anche critiche feroci per la lontananza dai metodi degli “emblemi” del magistero. In realtà seppe stimolare l’interesse dei suoi allievi anche grazie alla sua grande capacità di sintonia con loro, e alla sensibilità nel mettere in relazione i testi classici con la letteratura contemporanea, anche straniera: riprendere in mano le lettere di quegli allievi significa rivedere la sua figura anche in questa direzione».

E quindi: Pascoli riesce ancora a parlare a un lettore del terzo millennio?

«Certo, nella sua poesia c’è grande una lezione di democrazia e di cittadinanza, in particolare nei confronti degli ultimi, un messaggio di humanitas attuale oggi più che mai per la sua tolleranza, per la consapevolezza dell’universalità dei “grandi” temi dell’uomo. Dispiace che già ai tempi di Spallicci si operasse una banalizzazione di Pascoli come cantore di una Romagna di maniera. L’archivio che lo riguarda mostra invece tutta la sua multiforme complessità, quella di un uomo caratterizzato da grandi e appassionanti contraddizioni che ne segnarono tutta l’esistenza e l’intera opera».

 

www.pascoli.archivi.beniculturali.it

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