Massimo Bottura: «Emilia e Romagna, basta campanili!»

Rimini

CESENA. Ad aggiungere sapidità alla Settimana del buon vivere appena conclusasi, è intervenuto al teatro Verdi di Cesena Massimo Bottura, da vent’anni “griffe” dell’Osteria Francescana di Modena, chef fra i più blasonati al mondo.


«Il buon vivere? – esordisce – Svegliarsi la mattina, andare a letto la sera, e nel frattempo fare ciò che si desidera».


Che dire della cucina emiliana a confronto con quella romagnola?


«Aiuto, i campanili! – si arrabbia Bottura – Lo scriva: sta sbagliando a citare i campanili. Emilia e Romagna sono diverse? È una regione, non ci devono essere queste differenze. Se volessi essere critico… allora potrei rispondere, siete indietro anni luce. Ma non è così perché l’Emilia e la Romagna devono imporsi come voce unica, parlare al mondo e dire: noi siamo la più bella regione del mondo!».


Andrebbe dimostrato.


«Lo dobbiamo dimostrare? – rimbrotta ancora lo chef – Qual è una regione migliore dell’Emilia-Romagna? Io viaggio per il mondo, vedo i posti più belli e incredibili, ma non ho mai visto una regione così piena di prodotti Dop e Igp. Ma chi si può permettere di vantare prodotti mitici come il Parmigiano reggiano e l’aceto balsamico? Bisogna andarseli a cercare, che ne so, un caviale iraniano fresco o un astice blu bretone che non si pesca più… Noi abbiamo questo e non sappiamo valorizzarlo, perché? ci perdiamo ancora tra un campanile e l’altro».


Dove si sbaglia?


«Ci perdiamo nella nostalgia che ci fa dire il mio tortellino è più buono del suo, come faceva mia madre. A nessuno importa niente di questa nostalgia. Dobbiamo essere propositivi, positivi, uniti nell’abbattere ogni campanile e urlare al mondo: venite in Emilia-Romagna a vedere quanto siamo bravi».


Un esempio?


«Il tortellino: Modena o Bologna, chi è il più bravo? Cambio in Modena e Bologna: dove nasce il tortellino. Venite ad assaggiare il perfetto bilanciamento tra dolcezza, sapidità, acidità e parte aromatica amara».


Che dire allora del cappelletto natalizio romagnolo coi formaggi?


«Cappelletto equivale a tortellino. È un piatto diverso. Vale a dire che a Natale farò un cappelletto con i formaggi… ma a Modena, e ne parlerò. Viaggiare, assaggiare, imparare, cultura, questo è il cibo. Tradizione in evoluzione, la chiamo io. La tradizione non è da lasciare in una teca museale, si riempie di polvere e scompare. Tutti i giorni ci si deve alzare coscienti di poter evolvere la tradizione. Vai a Shangai e scopri il segreto per preparare i dumpling, a Tokyo il taglio perfetto del pesce, ai pescatori della riviera suggerisci un modo di pescare diverso. Il segreto è mettere in discussione, guardare il passato in chiave critica, e non nostalgica. Individuare l’aspetto positivo del passato, e portarlo nel futuro».


Nel libro di Elsa Mazzolini “Grandi chef a piccoli prezzi”, lei suggerisce di vivere con «piedi piantati per terra e testa fra le nuvole». Come lo traduce?


«Con tre ingredienti fondamentali: umiltà, passione, sogno. L’umiltà ti fa avere i piedi a terra; servi Holland e Renzi e il giorno dopo con eguale passione, un ragazzino diciannovenne partito da Reggio Calabria in treno per assaggiare i tuoi piatti. Spazzi per primo le strade del circondario, così anche i vicini terranno il quartiere più pulito. Passione è non sentire fatica per il proprio lavoro, è un veicolo per trasmettere emozioni. Insisto con i ragazzi affinché studino e vadano in profondità. Sono una generazione di googler, sanno niente di tutto. Il sogno è il futuro; se i tuoi cappelletti e i miei tortellini non li evolvi, scompariranno. Attraverso i sogni devi sognare di più».

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