E' morta la Gradisca

 

Magali Noël, attrice e cantante francese - la celebre “Gradisca” di Amarcord, uno dei capolavori di Federico Fellini - è morta l’altra notte «nel sonno» nella casa di cura dove viveva nel paese di Chateauneuf-Grasse nel sud della Francia. È quanto riferito dalla figlia, Stéphanie Vial-Noel. Sabato prossimo, 27 giugno, Magali avrebbe compiuto 84 anni. Il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, le rende omaggio: «Gradisca, e con lei Magali, da Rimini, dal cuore dei riminesi, non se ne è mai andata via. Per questo saremo grati per sempre a Magali Noël: ha dato corpo e respiro a un sogno, e i sogni, per definizione, vivono per sempre. Grazie Magali».

Strano ma vero: l’immagine più stereotipata ma forse anche più verace – almeno per l’epoca – della romagnola procace e focosa, è stata fornita, nella storia del cinema, da una... francese nata in Turchia. Si chiamava Magali Noël (nome d’arte di Magali Noëlle Guiffray, nata a Smirne il 27 giugno 1932 da genitori provenzali). Fu lei a impersonare la celeberrima Gradisca nel capolavoro di Federico Fellini Amarcord, il film più amato in Romagna del genio riminese, certamente sentito più “proprio” dai romagnoli, rispetto alla Dolce vita , troppo romana e lontana. Perché Amarcord raccontava un modo di vivere, di pensare, di essere che, nel film come pure nella realtà, riuscì a passare indenne anche attraverso il fascismo, essendo un retaggio culturale antico e modernissimo: quella “patacaggine”, quella gioia e generosità, un po’ sburona, nel modo di porsi con gli altri, che è alla base anche della Romagna contemporanea, quella del turismo di massa, basato sull’allegria dell’accoglienza, sull’ospitalità verace eppure organizzatissima.

Ed è proprio questa la parola “d’ordine” anche della popolana Ninola, la bella del paese durante la giovinezza di Fellini, gli anni 30 del ’900, da tutti chiamata “Gradisca” in paese, per essersi donata al nobile e ricco signore che viene da lontano, proprio per “dovere” di ospitalità, quasi come una meringa su un vassoio, nel porgere la quale – se stessa – pronuncia sdraiata sul letto nella suite del Grand Hotel, la storica frase che la segnerà a vita: «Signor principe, Gradisca!».

La carriera

Magali Noël rimase in Turchia sino all’età di nove anni, per poi trasferirsi in Francia con la famiglia. Debuttò come cantante in alcuni cabaret parigini e, nel 1951, sullo schermo. Bruna, procace, dotata di grande fascino e disinvoltura scenica, divenne immediatamente popolare in Francia grazie a parti da coprotagonista in film polizieschi (Rififi per tutti) . Nel 1956 cominciò a incidere con successo un buon numero di dischi. Giunta in Italia verso la fine degli anni Cinquanta, fu subito ingaggiata nel ruolo di femme fatale in numerose pellicole, dividendo da allora la sua carriera fra Italia e Francia. Lavorò anche al fianco di Totò, interpretando Cleopatra in Totò e Cleopatra (1963). Un importante sodalizio artistico con Federico Fellini la portò a interpretare ruoli notevoli in film quali La dolce vita (1960), Fellini Satyricon (1969) e soprattutto Amarcord (1973).

A partire dagli anni Settanta Magali Noël continuò a lavorare, quasi esclusivamente in Francia, sia per il cinema che per la televisione, dedicandosi talvolta anche al teatro. Nel 2002 fu scelta da Jonathan Demme per interpretare un piccolo ma significativo ruolo nel film The truth about Charlie. Nel 2011 l’attrice tornò anche in teatro come interprete delle canzoni di Boris Vian.

“Amarcord”

Ma tornando ad Amarcord, c’è da ricordare che il ruolo della “Gradisca” era stato inizialmente affidato a Edwige Fenech, ma poco prima di firmare il contratto, Fellini cambiò idea, perché secondo lui Edwige, nonostante la ben nota procacità, era «troppo magra»: è arcinota la passione del grande regista per le donne giunoniche, spesso disegnate per il suo analista, anche nel famoso “Libro dei sogni”.

Edwige Fenech non riusciva a prendere chili, così Fellini scelse Magali Noël, che aveva una fisicità più prorompente, ed era di 16 anni più grande. Certo la sua interpretazione fu magistrale. Lei – di nascita e formazione così lontana alla Romagna del ventennio che Fellini voleva rappresentare – seppe calarsi perfettamente nel ruolo che, a tutt’oggi, è uno dei più mitizzati dell’intera storia del cinema italiano e mondiale.

Ma bisogna anche sottolineare che buona parte del merito sarebbe da ascrivere anche alla sua doppiatrice, Adriana Asti – milanese di nascita – grandissima attrice che riuscì a rendere ancora più sensuale la cadenza romagnola con quella inconfondibile “esse” così dolce e ammiccante. È la finzione del cinema, il “metodo” felliniano per eccellenza, quello del gran bugiardo: tramutare i sogni in una realtà ricostruita nei minimi particolari, tutti rigorosamente “fasulli”.

Entrambe, Magali e Adriana, contribuirono sicuramente al successo planetario del film che valse a Fellini decine di premi: dall’Oscar come miglior film straniero nel 1975 al Golden Globe, il Nastro d’argento, il David di Donatello e tanti altri.

«Un regalo»

Tornando a Rimini, anni dopo, Noël confessò che «Gradisca fu un regalo per sempre, che mi fece Fellini. Quell’immagine, quella fantasia, nascevano dal desiderio dei ragazzi pronti a fischiare la vera “Gradisca” quando, come ricordava Federico, la vedevano passare di fronte al Caffè Commercio. Rappresenta la donna piena di offerte, un pianeta sconosciuto, sfuggente e allo stesso tempo intimo. Fellini diceva sempre che le donne erano per lui “l’altra faccia della Luna”, ma la Gradisca era anche il sole, la madre, il peccato, la musa ispiratrice».

E Tonino Guerra, che sceneggiò con Fellini Amarcord, ricordava che «Magali era perfetta: anch’io rividi nella sua morbidezza la Gradisca immaginata da Fellini. Quel nome, significherà per sempre femminilità, grazia, gentilezza».

Gradisca la Romagna

Poco meno di due anni fa se ne era andata anche Gradisca Morri, la vera riminese che aveva ispirato Fellini per il personaggio del suo film. Così come è in via di estinzione anche la festa dei bagnini, appunto “Gradisca”, come venne chiamato qualche anno fa quello che – allora – era il capodanno dell’estate, il solstizio del 21 giugno, giorno di partenza effettiva della stagione balneare ed ennesima scusa per accogliere alla grande i turisti tra grigliate di sardoncini e fuochi d’artificio.

Oggi è soppiantata da feste più moderne, come la Notte Rosa, Al mèni, la Molo street parade, la Color run. Così come i personaggi femminili felliniani, dalla Gradisca alla Volpina, dalla Tabaccaia alla Saraghina, sono diventati nomi di birre artigianali o di ristoranti a marina...

Da una parte tutto ciò può mettere un po’ di tristezza – specie a quelli più in là con gli anni – ma dall’altra, la sapiente commercializzazione dell’immaginario collettivo ha fatto grande la Romagna del dopoguerra, creando il “Divertimentificio”, oggi più irregimentato degli scatenati anni Ottanta e Novanta, ma che continua a poggiare le sue solide basi, in fondo, sulla “Gradisca” e sul “pataca”, yin e yang – femminile e maschile – romagnoli, così genialmente consegnati alla storia da Federico Fellini.

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