Piero: l'uomo, il mito, l'artista

 

 

FORLÌ. Chiude oggi Boldini, lo spettacolo della modernità, che da febbraio anima gli spazi dei Musei San Domenico di Forlì: e alla mostra del decennale, subito succede l’annuncio della esposizione “numero uno” del nuovo decennio. Se il ciclo precedente era stato inaugurato da Melozzo, in una simmetria curiosa i nuovi dieci anni del San Domenico verranno aperti da Piero della Francesca, sommo artista delle prospettiva, incarnazione di un “mito artistico” che coniuga la sapienza e le scoperte (o riscoperte…) rinascimentali a una visione dell’uomo rinnovata.

Anche questa, come le precedenti, non «sarà semplicemente l’atto di appendere quadri a una parete – secondo Gianfranco Brunelli –, ma un progetto culturale della città, un’operazione profonda che tiene conto del territorio ma ha anche l’intelligenza di proiettarlo su un piano più ampio».

Le mostre forlivesi hanno già mostrato una, forse inaspettata, centralità di Forlì in campo culturale: lo ha evidenziato l’emergere di un profilo di “città canoviana” in occasione della mostra sul grande artista neo-classico Antonio Canova, e le opere di Adolfo Wildt, legato a doppio filo alla città romagnola dai rapporti d’amicizia con la famiglia Paolucci de’ Calboli, sono in questi mesi in esposizione al Museo d’Orsay di Parigi.

L’evento del 2016 si preannuncia un altro elemento di questo affresco, con un artista umbro che attraverso i confronti con i contemporanei, da Mantegna a Paolo Uccello a Bellini a Domenico Veneziano racconta il senso di un periodo e culturale in cui l’uomo, «essere terribile e meraviglioso», torna al centro del mondo, faber fortunae suae.

La mostra non potrà non tenere conto di un «Melozzo mai visto», o delle “antropometrie” di Piero in relazione con un altro grande esempio dei principi umanistici applicati all’arte come il Tempio Malatestiano di Rimini, progettato da Leon Battista Alberti.

Ma la mostra documenterà anche il «conflitto delle attribuzioni, e gli anni dell’oblio, un preludio alla riscoperta e alla creazione del mito con l’attenzione che anche la critica anglosassone e francese dell’Ottocento rivolge al nostro artista e i saggi di Roberto Longhi».

Non si tratta “solo” della critica: la pittura di Piero esercita influenze, documentate dalla mostra, anche su artisti come Cezanne o Seurat, o sul Novecento italiano, e in mostra ci saranno quadri di Felice Casorati e Carlo Carrà, mentre Balthus ed Edward Hopper costituiranno quel “confine” entro il quale, ancora, l’arte di Piero esercita la sua influenza sui moderni.

Visto l’esiguo numero delle opere dell’artista, saranno elaborati percorsi che congiungeranno Forlì e il San Domenico a Sansepolcro o a Monterchi, dove è la splendida “Madonna del parto”, mentre non è ancora sciolta la riserva di alcuni prestiti da musei italiani a causa di una situazione di avvicendamento delle direzioni.

«Risorse e genio, coraggio e collaborazione fra amministrazione comunale e Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì: sta in questo – commenta il sindaco Davide Drei – il senso della scommessa forlivese, che ha saputo creare l’hardware, i grandi “contenitori” ma anche i software, gli eventi, al loro interno».

«E gli uni e gli altri –ribadisce Roberto Pinza, presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi – hanno la stessa importanza: devono esserci le persone, la vita ad animare queste strutture recuperate, e devono essere pensate le occasioni perché ognuno possa fruirne infinite volte. Quanto alla collaborazione con il Comune, non è in discussione… per affrontare grandi opere occorrono grandi risorse, grandi pensieri, grande intelligenza, in una parola, un lavoro d’insieme».

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