L'ultimo grande illustratore della romanità

Rimini

 

Nella primavera del 2014 il Max, museo di Chiasso, dedica al celebre incisore Luigi Rossini (Ravenna 1790- Roma 1857) Il viaggio segreto, una grande mostra di oltre 150 opere ed altri materiali, incluso il magnifico “Panorama di Roma antica e moderna” del 1827 di più di tre metri di lunghezza, realizzato in quattro matrici. L’evento segue a tre anni di distanza quello riservato a Giovan Battista Piranesi, del quale Rossini viene indicato come l’erede naturale.

La mostra nell’ottobre dello stesso anno si trasferisce a Roma al museo dell’Istituto nazionale per la grafica, depositario di numerose matrici e incisioni dell’artista. Il catalogo della mostra, a cura di Maria Antonella Fusco e Nicoletta Ossanna Cavadini, contiene, fra gli altri saggi, quello di Antonella Imolesi Pozzi, responsabile dei Fondi antichi, dei Manoscritti e delle Raccolte Piancastelli della Biblioteca Comunale di Forlì, dove sono conservati molti documenti, disegni, acquerelli e l’intera opera incisoria del ravennate.

Nullo Pirazzoli, nel saggio “Luigi Rossini, Roma antica restaurata” (Edizioni Essegi, Ravenna 1990) presenta un completo e vivace ritratto umano dell’artista, oltre a una approfondita analisi critica della sua produzione grafica. Rossini, molto versato per il disegno, a 16 anni scappa di casa a piedi con 5 scudi in tasca, per andare a studiare architettura a Bologna. Grazie a Francesco Rosaspina, il celebre incisore di Montescudo conosciuto a Ravenna, entra a bottega da Antonio Basoli, il “visionario” pittore di Castelguelfo, limitandosi alla frequenza serale dell’Accademia. Nel 1813 vince per la sezione Architettura, il Gran concorso di Alunnato in Roma istituito dal governo napoleonico. Un malaugurato “mal francese” lo tiene a letto per quasi otto mesi, ma all’inizio del 1914 riesce a partire assieme all’amico bolognese Adamo Tadolini, vincitore della sezione Scultura. La residenza triennale prevista a Palazzo Venezia si interrompe nella primavera dello stesso anno con la caduta di Napoleone. Inizia così per Rossini un periodo di profonda miseria, risolta in parte con la vendita della casa di famiglia a Ravenna. Fortunatamente Antonio Canova, presidente dell’Accademia di San Luca, ripristina il pensionato per gli allievi vincitori del premio annuale promosso dall’Accademia stessa, che Rossini vince nel 1816 presentando tre progetti architettonici. Inizia a disegnare per Canova con pochi guadagni, per cui decide di sfruttare le sue competenze per dedicarsi all’incisione delle bellezze monumentali romane che si vendono bene ai turisti «e battere la strada segnata dall’immortale Piranesi».

Preciso nel tratto e veloce nell’esecuzione, già nel 1817 pubblica la sua prima “Raccolta di cinquanta principali vedute di antichità tratte da scavi fatti in Roma in questi ultimi tempi”.

A queste seguono i due volumi di 101 acqueforti “Le antichità romane”, incise fra il 1819 e il 1823, nelle quali si avvale della collaborazione del romano Bartolomeo Pinelli, abile incisore di figurine popolari, per animare le architetture ritratte. Una collaborazione che continuerà fino alla morte di Pinelli nel 1835. Arrivano la notorietà e il successo economico a premiare un’attività frenetica al ritmo di almeno tre tavole al mese. Nello stesso periodo cade malato per qualche tempo, durante il quale le sue due “badanti” lo derubano di gran parte dei risparmi. A guarigione avvenuta, nel 1822 si sposa e due anni dopo inizia ad incidere le “Antichità dei contorni di Roma, ossia le più famose città del Lazio” e, fra il 1827 e il 1829, pubblica “I sette colli di Roma antica”. La sua produzione grafica continua con “Le porte antiche e moderne del recinto di Roma”, poi allontanandosi dalla capitale, esegue “Le antichità di Pompei”, “Viaggio pittoresco da Roma a Napoli” e “Gli archi trionfali onorarii e funebri degli antichi romani sparsi per tutta l’Italia”, tra i quali figura anche l’Arco di Augusto di Rimini, ripreso dall’interno e dall’esterno della città. Seguiranno la “Scenografia degli interni delle più belle chiese e basiliche di Roma antica” e l’incompiuto album dedicato a “I principali fori di Roma antica”.

L’architetto ravennate, con le oltre 600 straordinarie tavole eseguite, resta, senza ombra di dubbio, l’ultimo grande illustratore della romanità prima dell’avvento della fotografia. (s.s.)

 

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