Gennari, archeologo della memoria

Rimini

CATTOLICA. L’assessorato alla Cultura del Comune di Cattolica rende omaggio ad Augusto Gennari, recentemente scomparso, con la mostra dal titolo MensoLari, curata da Annamaria Bernucci e Gian Piero Gabellini.

Augusto Gennari (Misano Adriatico 1943 – Cattolica 2013) è un artista nel senso più completo del termine in quanto la sua produzione comprende grafica, pittura, scultura, installazioni, poesia, cinema e tanto altro. Grazie all’Accademia di belle arti di Venezia come allievo di Luigi Tito e le periodiche permanenze a Parigi, entra in rapporto con numerosi artisti importanti come Riccardo Licata, Emilio Vedova e Carmelo Zotti.

Il suo itinerario artistico inizia con l’attrazione per la scuola chiarista lombarda di Umberto Lilloni e Pio Semeghini, attraverso lo spazialismo di Lucio Fontana e Roberto Crippa per arrivare a Corrado Cagli. Le influenze e le contaminazioni di questi maestri sono evidenti nei diversi “periodi”, dall’informale al figurativo e viceversa, che hanno scandito l’arte di Gennari.

Espone per la prima volta a Rimini nel 1966 e negli anni successivi le personali si susseguono a Riccione, Cattolica, Longiano, Montefiore, Pesaro e ancora Rimini e in altre città fra le quali Venezia, Messina, Ancona, Firenze, Milano, Roma, Bologna oltre a quelle all’estero, a Copenaghen, Stoccolma, Zurigo e Parigi. Partecipa anche a prestigiose manifestazioni collettive come il Premio Modena nel 1968, la Biennale delle Marche nel ’72, Arte contemporanea a Parigi sempre nel 1972, la X Quadriennale di Roma nel ’75 e Arte contemporanea a Grenoble nel 1985 e 1996.

In occasione della rassegna internazionale d’arte intitolata La pietra e il mare, promossa dall’amministrazione Comunale di Riccione fra 1991 e il ’95, Gennari realizza la scultura “Soffioprimario”, un menhir in travertino alto più di 3 metri collocato dal 1992 nel giardino Luigino Montanari della Perla Verde. Il titolo dell’opera rientra nel gioco dell’invenzione tanto caro all’artista.

Mixcarta, frecciatempo, antromemoria, angelodrago, luogotempo, cartacreta, temposospeso, giocomarino, diariomarina, occhiomarino, paesaggiodentro, sono alcuni dei titoli che scandiscono la sua produzione a partire dagli anni Settanta.

Anche MensoLari, la parola che dà il titolo a quest’ultima mostra, nasce dalla sua fantasia per introdurci le nicchie e le mensole, all’interno delle quali e sulle quali collocare i Lari protettori della casa e dei suoi abitanti. Si tratta di installazioni «dense di significazioni arcane dove va sempre in scena un volto dalle sembianze arcaiche, una sorta di divinità antropologica» come specifica Annamaria Bernucci nell’ampia e approfondita prefazione dell’elegante catalogo della mostra (Silver Books Edizioni, Misano Adriatico, 2013). Sono infatti i volti incantati che emergono dal sogno, dai lineamenti grotteschi dominati da grossi nasi e labbra carnose che richiamano lo stile Palenque della scultura Maya dello stato di Chiapas, un possibile ricordo del muralista messicano David Alfaro Siquerios, all’opera del quale Gennari è profondamente legato.

«Il colore diffuso è della terra, tipico degli scavi archeologici» come annota Ivo Gigli su queste pagine, «un colore che è il respiro della memoria». La rivisitazione moderna del “Larario” espresso in questa chiave antica e il suo recupero simbolico come elemento fondamentale, necessario e qualificante della casa, sembrano il compimento naturale dell’evoluzione artistica del Gennari più intimo. Infatti, se i Lari proteggono il luogo posseduto dall’uomo, il Genio è il protettore del luogo abitato e frequentato dall’uomo e Gennari svolge questo ruolo con grande attenzione e generosità da sempre. L’ospitalità e l’accoglienza che riserva agli ospiti nella sue “casarte” ne sono la testimonianza più evidente. Il fatto che non ci sia più riporta alla memoria i versi del poeta messicano Amado Nervo: «Amiga, mi larario esta vacío: desde que el fuego del hogar no arde, nuestros dioses huyeron ante el frío; hoy preside en sus tronos el hastío, las nupcias del silencio y de la tarde» (Amica, il mio larario è vuoto: da quando il fuoco del camino è spento, i nostri dei sono fuggiti prima del freddo; ora sui loro troni siede la noia, il matrimonio del silenzio e della sera). (s.s.)

 

 

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