E' morto Gian Vittorio Baldi

 

FAENZA. È morto a 84 anni Gian Vittorio Baldi, regista e produttore nato a Lugo il 30 ottobre 1930. Il suo lavoro sul suono nel cinema diventò un saggio critico studiato dai cineasti di tutto il mondo, perché metteva radicalmente in discussione l’importanza della colonna sonora rispetto alla recitazione e all’immagine. «Un buon film deve funzionare... senza musica» diceva.

Dopo aver frequentato a Roma il Centro sperimentale di cinematografia, esordì alla regia nel 1958 con “Il pianto delle zitelle”, vincendo il Leone d’oro come miglior cortometraggio a Venezia.

A parte i film girati da regista (che ha scritto quasi sempre da sé), Baldi ha prodotto “Trio” (1967), “Diario di una schizofrenica” (1968), “Cronaca di Anna Magdalena Bach” (1968), “Baltagul” (1969) di Mircea Muresan, “Vento dell’Est” (1969), oltre a “Porcile” (1969) e “Appunti per un’Orestiade africana” (1970) di Pier Paolo Pasolini, “L’amore coniugale” (1970) di Dacia Maraini, “A proposito dell’Angola” (1971) di Stefano De Stefani, “Un’emozione in più” (1979) di Francesco Longo e “La guérilléra” (1982).

Proprio quelle pasoliniane sono opere importanti per il coraggio e la vicinanza intellettuale che univa regista e produttore. Inoltre “L’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale”, diretto da Baldi nel 1975, impressionò molto Pasolini, in procinto di realizzare “Salò”, colpito proprio dalla dimensione claustrofobica e ossessiva delle atrocità evocate dalla pellicola, ambientata nella campagna emiliana.

In una collana a lui dedicata dalla Cooperativa Nuovi Quaderni, il regista pubblicò “Il cinema di Gian Vittorio Baldi: macchina da presa di coscienza” e le sceneggiature di “La casa delle vedove” (1980), “Luciano” (1980), “Fuoco!” (1979), “La notte dei fiori” (1979), “Anni duri” (1980) e “L’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale” (1979).

A Forlì e Cesena, con i suoi progetti, e a Bologna, al Premio di critica cinematografica con annessa Scuola di cinema, ha raccolto giovani menti registiche di tutto il mondo. Negli ultimi anni a Brisighella, nella sua casa di pietra, accanto alle viti trapiantate dalla Francia che hanno finito per arricchire enologi della zona ma non lui, amava discorrere con gli ultimi amici, quasi tutti molto più giovani di lui.

Conversatore amabilissimo, genio e sregolatezza, è appartenuto a una generazione che ha fatto del cinema la propria vita trascurando tutto il resto. Da questo punto di vista la sua scomparsa, domenica scorsa, allarga il vuoto di quella generazione di cineasti del dopoguerra che non vollero arrendersi alla fine del neorealismo.

Il neorealismo, infatti, per Baldi non era quello che piaceva al grande pubblico americano, ma la continua capacità di raccontare le cose della vita, aprendo squarci sulla difficoltà della condizione umana. Da questo punto di vista era e resta uno degli ultimi registi capaci di creare un cinema rivoluzionario, sia pure senza casacche, né cedimenti se non alla propria ambizione e preparazione artistica.

L’assessore regionale alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, Massimo Mezzetti, lo ricorda così: «Con questo regista e produttore se ne va un altro importante tassello del grande cinema italiano, cui questa regione ha dato alcuni dei frutti più significativi».

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