«I quotidiani locali sono un aiuto contro le mafie»

Rimini

 

ROMA. Continuano le adesioni alla campagna nazionale di comunicazione Meno giornali. Meno liberi. Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, ha risposto sui temi che riguardano la vita e il futuro delle aziende editoriali cooperative e non profit in grave pericolo per l’assenza di qualsiasi riferimento finanziario nel 2015 e la scarsissima consistenza del fondo per l’editoria anche nel 2014, dopo il taglio retroattivo subìto nel 2013.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo discorso d’insediamento, fra altri argomenti ha ricordato che la Costituzione garantisce la libertà, l’autonomia e il pluralismo dell’informazione... sono parole chiare, il Governo Renzi non dovrebbe ignorarle...

«Il presidente ha espresso con parole limpide la salvaguardia del pluralismo essenziale per la democrazia. L’informazione è il sale della democrazia, un indicatore del grado di libertà e vitalità culturale e civile di un Paese, non si può dimenticare».

Sui territori l’informazione svolge un ruolo di controllo attento alle questioni che riguardano le grandi organizzazioni criminali, le mafie, che si presentano in forme diverse dal passato, ma non meno aggressive sul versante dell’inquinamento della vita civile.

«I giornali d’opinione svolgono un ruolo decisivo anche se a tratti ambivalente. Nelle inchieste che stiamo svolgendo come Commissione parlamentare antimafia misuriamo ogni giorno l’importanza per le comunità e l’opinione pubblica nazionale delle notizie sui fatti di corruzione e gli atti mafiosi resi noti dai mezzi d’informazione sia sul versante di eventi accaduti, sia registrando le informazioni delle attività inquirenti e giudiziarie. Le mafie non amano la pubblicità e in genere non sopportano i giornalisti che fanno nomi, indagano sui loro affari, denunciano intimidazioni e omertà, fanno luce sulle collusioni con il mondo delle professioni, dei cosiddetti colletti bianchi, con l’economia e la politica. Ci sono giornalisti che hanno perso la vita perché avevano scoperto, a volte prima della magistratura, le trame mafiose e tanti sono i giornalisti che hanno subìto gravi minacce e avvertimenti tanto che alcuni di loro sono sottoposti a tutela con scorte. Perché le intimidazioni sono state rivolte al lavoro giornalistico d’inchiesta e denuncia. Penso, nel caso delle infiltrazioni mafiose nel Nord, agli articoli della stampa locale come nel caso del comune di Sedriano, primo Comune sciolto per mafia nella regione Lombardia, alla presenza della ‘ndrangheta in alcuni dei comuni dell’Emilia-Romagna, agli intrecci fra eversione nera e criminalità come nell’inchiesta su Mafia capitale. Questo lavoro dei giornalisti nazionali e locali, di grandi ma spesso piccoli editori, è stato ed è prezioso per l’intera comunità. Ci sono però stati anche casi, purtroppo, di informazione scadente addirittura compiacente che ha reso un servizio alle cosche, alla deformazione della verità minimizzando i fatti, attenuando la percezione dei pericoli e rendere possibile una sorta di consenso alle impunità dei mafiosi. Il giornalismo d’inchiesta, quello più libero, deve liberarsi di queste insidie che sminuiscono la grande importanza del lavoro giornalistico al servizio dell’opinione pubblica. La realtà delle infiltrazioni mafiose nel nord è stata anticipata da articoli».

L’editoria cooperativa e non profit ha una funzione sociale indiscussa, perché è più vicina ai territori locali, alle persone...

«Sì, sono convinta che questo tipo di editoria è meno condizionabile da interessi illegali e può infatti promuovere con maggiore convinzione e forza la sensibilizzazione delle cittadinanze alla lotta alle mafie ampliando un fronte largo, popolare, partecipato. Non si può delegare questo compito alle sole forze di polizia, alla magistratura. Le testate quotidiane e periodiche hanno dimostrato di sapere sviluppare una cultura diffusa di sensibilità ai valori civici e civili nel rispetto dei valori della Costituzione che sono il primo vero argine all’illegalità e al disprezzo della vita comunitaria».

 

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