Dolcezze di Carnevale, ogni nome vale

Come da antica tradizione, ogni focolare romagnolo in questo periodo dedicato al Carnevale è alle prese con uova, farina e s’ciadur, termine quanto mai appropriato per indicare il comune mattarello. Profumi e aromi di fragranti dolci e sentori di vini rendono caratteristico il clima carnevalesco mentre i bambini impazienti si rincorrono intorno a battilarde adorne di succulenti manicaretti.

Castagnole spolverate di zucchero o farcite, fiocchetti e frittelle varie che si assaporano l’una dopo l’altra in rapida successione dimostrano la nostra scarsissima forza di volontà di fronte a simili dolci fritture. Spostandosi di pochi chilometri cambiano nel nome, in alcuni ingredienti marginali e talvolta anche nelle dimensioni, ma tutti, nei giorni precedenti la Quaresima, diventano veri e propri dominatori dei nostri desideri di fine pasto. Le castagnole, un tempo rigorosamente fritte nello strutto oggi spesso accantonato a favore di oli più leggeri, sono, per citare Pellegrino Artusi, un «piatto particolare alle Romagne». Tuttavia numerose regioni italiane presentano analoghe delizie, diverse per foggia e aromi ma riconducibili a un’antica usanza del centro Italia. I fiocchetti di Rimini e del Montefeltro, le chiacchiere chiamate sfrappole a Bologna e in giro per la Romagna, offrono un assortimento di nomi anche suggestivi. In Liguria e Piemonte sono dette bugie, in Toscana cenci, a Roma frappe, in Sardegna meraviglias.

In questo periodo sono realizzate anche alcune varianti dolci di tipiche specialità romagnole. Un esempio è fornito dalle tagliatelle, più abituate a un buon ragù che allo zucchero a velo, ma ottenute ugualmente da una sfoglia di pasta all’uovo aromatizzata con succo di limone o arancia o colorata dalla scorza dei due agrumi, fritta poi in olio come avviene per i tortelli, comuni a molti paesi dell’Appennino tosco-romagnolo, ripieni non di ricotta e spinaci ma con una dolcissima marmellata.

Le frittelle di riso, dolce di origine povera, sono caratteristiche del ravennate, a base di riso cotto nel latte e spesso insaporite con gocce di grappa o Marsala. Se proprio si volesse poi rinunciare a qualche caloria di troppo, la cottura di questi manicaretti può essere realizzata anche al forno, evitando l’impiego dell’olio o dello strutto. Sulle tavole di Romagna imbandite per queste feste, in abbinamento a simili leccornie, non può mancare un ottimo vino dolce come l’Albana anche nell’apprezzata versione ottenuta da uve stramature.

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