L'educazione sentimentale di un riminese a Milano

Rimini

Attira l’attenzione già dal titolo: Atti osceni in luogo privato è il nuovo romanzo dello scrittore Marco Missiroli. Il volume è in libreria da mercoledì, ma la rivista Panorama l’ha già inserito tra i «10 libri di successo in uscita a febbraio». Arriva a tre anni di distanza da Il senso dell’elefante (Guanda, Premio Campiello giuria dei letterati 2012) che è stato tradotto in Germania, Francia, Spagna, Usa, Regno Unito, Canada, Svezia.

Nato a Rimini nel 1981, Missiroli vive a Milano e scrive per il Corriere della Sera.

Atti osceni in luogo privato è appena uscito e già i rumors parlano di una candidatura al Premio Strega da parte di Feltrinelli. Che del resto presenta questo suo quinto romanzo come opera della maturità, tra il Bildungsroman e Fellini. Sente il peso di questa responsabilità?

«La responsabilità era scrivere un romanzo che parlasse al cuore dei lettori. Avevo l’urgenza di essere davvero libero come scrittore e di cercare di essere più autentico possibile. Sentivo di dover scrivere una storia che contenesse tutti i miei romanzi precedenti e che esplodesse in qualcosa di nuovo. Ecco, la responsabilità, il peso più forte è stato rispondere a una domanda: scriverai una storia rivoluzionaria per te e che possa dare libertà a chi legge? Ricordo perfettamente dov’ero quando ho deciso di rispondere a quest’interrogativo: passeggiavo al mare, era un sabato mattina. Il 21 giugno del 2013. Sono tornato a casa e ho iniziato la prima pagina di qualcosa che non avevo mai pensato di scrivere. Un romanzo di liberazione in prima persona. Così è nato Libero Marsell, il mio protagonista, un bambino che diventa adolescente e poi uomo attraverso l’eros e la letteratura».

Chi è Libero Marsell, il protagonista del libro che lei ha scritto in prima persona?

«Nasce in una famiglia che si sta disgregando: assiste al tradimento della madre nei confronti del padre. Custodisce questo segreto e il fatto di non rivelarlo a nessuno lo porta a diventare un osservatore del mondo acuto e un affamato di vita. Ha 12 anni quando ha questa ferite, e il libro continua per tutta la sua vita fino a circa 40 anni. Libero, il nome lo devo a mio nonno, passerà attraverso la ricerca della felicità: vuole l’amore, ma lo sfiora. Cerca un baricentro affettivo, ma non riesce a stare in equilibrio. Ha bisogno di riunire una famiglia spezzata e capisce che l’unico modo per riuscirci è diventare se stesso. Gli serviranno i libri, e in questo senso il romanzo è un’“educazione letteraria”. Ma gli servono soprattutto gli incontri con il femminile: nelle donne che incontra, nella madre, in una sensibilità che gli dà affanno e allo stesso tempo una marcia nascosta in più. E qui vivono gli atti osceni che sono le piccole libertà di tutti noi e che spesso vengono giudicate senza motivo. A volte l’oscenità è oscenità solo per gli altri. Per noi è completezza e ci fa essere come siamo: genera felicità. Come si sente dire il protagonista: “l’osceno è il tumulto privato che ognuno ha, e che i liberi vivono. Si chiama esistere, e a volte diventa sentimento”. È questa la meravigliosa indecenza di cui Libero all’inizio ha paura: l’unione tra il volere fare qualcosa e l’azzardo di farlo davvero. Gli atti osceni in luogo privato non sono altro che le piccole intimità che ognuno di noi si prende per aggiungere un tassello ai propri sentimenti».

Perché ha scelto di affrontare il tema di una educazione sentimentale ed erotica? E perché i due aspetti, come scrive Giorgio Fontana nel recensire il libro, non sono separabili? È un ragazzo all’antica in fondo?

«Non so se sono all’antica. So solo che fino a 20 anni sono stato abbastanza imbranato con le ragazze. Guardavo gli altri fidanzarsi mentre io arrancavo in una Rimini che offre troppe possibilità. Se non le prendi cominci a diventare una mosca bianca. Il mio essere all’antica deriva da questo senso di spaesamento. È lo stesso timore di Libero. Per arrivare alla libertà a un certo punto dovrà attraversare il libertinaggio, non solo inteso come eros, ma come coraggio. Essere libertini nell’esprimere se stessi, nel diventare se stessi. Ecco perché il protagonista ha una base di fragilità dove le avventure, l’audacia, le insicurezze e la crescita attecchiscono meglio e si fanno completezza. Raggiungere quella parte di sé più vera può significare ferirsi: volevo che questo libro fosse un inno alla vita e alla libertà passando anche dai traumi e dai riscatti che ci appartengono. La carne, la passione, la pìetas, le solitudini... La ricompensa della consapevolezza di Libero viene da questi punti cardinali».

 

 

 

 

 

 

 

Dieci anni da scrittore, da Senza coda (2005) a Atti osceni in luogo privato (2015): ormai conosce bene il mondo delle italiche lettere, anche per il suo altro lavoro di giornalista culturale. Ma i suoi libri sono tradotti anche all’estero. Quale differenza riscontra tra il panorama culturale italiano e quello degli altri Paesi? La crisi che ci colpisce più degli altri è anche letteraria o c’è qualche speranza? Può fare qualche nome, darci qualche “consiglio di lettura”?

«Se penso che sono passati dieci anni... non posso crederci. Nel frattempo il panorama editoriale è completamente cambiato: gli spazi italiani si sono ridotti all’osso, mentre all’estero resistono in qualche modo. La Francia è molto più libera nelle pubblicazioni e anche nella ricezione di idee nuove, di autori su cui si scommette in base all’idea e non solo in base al nome. È un Paese di azzardi culturali, non ha paura di lettura complesse e articolate. Penso a Il Regno, il nuovo libro di Emmanuel Carrère che esce a fine febbraio, in cui l’autore ha analizzato e riscritto in parte le parti mancanti del Nuovo Testamento. Questo è il mio primo consiglio. Anche la lingua inglese ha confini più larghi e vedute a tratti visionarie. Gli Stati Uniti rimangono un terreno difficile per noi italiani ma sono tuttora un cuore pulsante narrativo. Straordinaria è la biografia di Philiph Roth scritta da Claudia Pierpont chiamata Roth scatenato. E non dobbiamo dimenticare Sottomissione di Michel Houellebecq: può non piacere, può risultare un punto interrogativo, ma il suo coraggio merita il coraggio di ogni lettore».

 

Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli, 2015, pp. 249, euro 16) verrà presentato sabato 21 febbraio alle 16.30 alla Sala del Giudizio, Museo della Città, Rimini.

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