Battiato, Vermeer e Bologna

Rimini

BOLOGNA. «Dimenticate il libro, dimenticate il film» è l’esortazione di Marco Goldin, che reinterpreta a modo sua la storia della Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer, uno dei quadri più famosi al mondo proprio grazie al cinema e a Scarlett Johansson che nel 2003 interpretò la protagonista.

Prima del libro, e del film, la fama dell’opera al museo Mauritshuis dell’Aia era schiacciata tra la Veduta di Delft dello stesso autore e la Lezione di anatomia di Rembrandt.

Ma quella storia, come quella narrata da Goldin, era frutto di invenzione. La ragazza col turbante color lapislazzulo non ha nome, né identità. È un tronie, la tipizzazione di un volto, meraviglioso, che il pittore olandese dipinse attorno al 1665. Ed è proprio immaginando il travaglio di Jan Vermeer, la sua tensione verso quel viso giovane incontrato fugacemente – che in qualche modo lo rappresenta, e che lui vuole lasciare dipinto al mondo «perché il mio passaggio resti impresso sulla terra» –, è proprio da qui che nasce la drammaturgia di Marco Goldin, portata in scena in un affollato teatro Comunale di Bologna domenica 19 e lunedì 20 gennaio.

Una messa in scena che si è avvalsa delle musiche di Franco Battiato, della voce sempre più splendente della forlivese Alice, e di quella della giovane Francesca Michielin, accompagnati dal Modern String Quartet composto da Cesare Carretta (primo violino), dal sammarinese Aldo Capicchioni (secondo violino), dal riminese Aldo Zangheri (viola) e da Enrico Guerzoni (violoncello). Nella parte di Vermeer l’attore Giulio Brogi, affiancato da Gilberto Colla, Loriano Della Rocca e Fiorenzo Fiorito, con la voce fuori campo di Carlo Valli.

Battiato, per l’occasione, ha rivisto la composizione realizzata per il “Telesio”, che ha adattato insieme a Carlo Boccadoro.

Goldin ha presentato così la “sua” ragazza ai bolognesi, nell’attesa che si apra (l’8 febbraio) a Palazzo Fava la mostra con le opere provenienti dal Mauritshuis dedicata al mito della Golden age, da Vermeer a Rembrandt. Un periodo della storia dell’arte olandese forse poco noto al grande pubblico, ma che il curatore trevigiano ha saputo illustrare, prima dello spettacolo vero e proprio, con la verve e la capacità divulgativa che lo contraddistinguono: «In questa mostra non raccontiamo solo un secolo, ma raccontiamo l’ingresso nella modernità della pittura».

E il pubblico ha già raccolto l’invito, prenotando in massa la visita alla mostra, uno degli eventi artistici di quest’anno. Fino al 25 maggio a Bologna.

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