Omicidio davanti al supermercato, 30 anni al killer

Rimini

MISANO. Trent’anni di reclusione anzichè il carcere a vita chiesto dal pubblico ministero Marino Cerioni. È la sentenza emessa ieri sera, dopo sei ore di camera di consiglio, dalla corte d’Assise di Rimini nel processo che vedeva alla sbarra Paulin Nikaj, il 35enne autotrasportatore albanese che il 17 marzo del 2014 aveva freddato con sette colpi di pistola, davanti agli occhi della moglie e dei figlioletti, il connazionale Nimet Zibery.

Lo sconto di pena rispetto alle richieste dell’accusa per quell’esecuzione, avvenuta nel parcheggio del Conad Rio Agina pieno di clienti alle 11,30, la corte presieduta da Massimo Di Patria (giudice a latere Silvia Corinaldesi). lo ha concesso non avendo riconosciuto le aggravanti della premeditazione e dei motivi futili e abietti. Lettura del caso contro cui quasi certamente farà ricorso in appello il pubblico ministero Marino Cerioni. Di sicuro a Bologna presenteranno appello i legali dell’assassino, gli avvocati Cesare e Roberto Brancaleoni che per il loro assistito avevano chiesto sempre l’assoluzione, invocando una sorta di legittima difesa. Ora sarà interessante leggere le motivazioni della sentenza. Il non aver riconosciuto le aggravanti potrebbe rappresentare un punto di non secondaria importanza davanti ai giudici di secondo grado. Di certo Paulin ad ottobre era andato a comprare la pistola poi usata per contro Zibery. Tra i due la conoscenza da bar era diventata odio quando il killer aveva rotto in testa una bottiglia al fratello della vittima. Un’onta che si sarebbe dovuta lavare col sangue in ossequio al dettato dal Kanun, l’antico codice consuetudinario albanese. E allora per difendersi da minacce e angherie si era armato. Per la corte quella pistola in tasca non è però stata sufficiente a spiegare la premeditazione. Così come sembra sia stato letto come “occasionale” il piano di fuga che da Misano l’ha portato fino a Berna.

Freddato Nimet, infatti, Nikaj aveva raggiunto al volante della propria C4 Senigallia dove, senza successo, aveva cercato l’appoggio di alcuni parenti della moglie. Al rifiuto aveva proseguito il viaggio fino a Trevi alle porte di Foligno dove si è liberato della vettura. Da qui, dopo alcune ore, forse avendo ritenuto il posto poco sicuro, era stato prelevato da un altro cugino paterno, un 54enne residente a Bolgare (Bergamo) che la notte stessa l’aveva portato a casa sua. Paulin era rimasto diversi giorni con lui e la sua famiglia, moglie 46enne e figlio di 24. Terra fertile la Lombardia per Paulin. Tra Varese e Legnano, infatti, aveva trovato da altri parenti (tutti e nove i coinvolti nella sua fuga sono stati indagati per favoreggiamento) un tetto dove ripararsi in attesa del passaporto e del momento più propizio per varcare il confine con la Svizzera, dove era stato catturato.

e.ch.

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