Cesena, case in affitto a canoni calmierati Strali sull’applicazione dell’accordo

Cesena

CESENA. Appello e raccolta firme per eliminare alcune zavorre che gravano sul sistema di sgravi fiscali messo a punto per incoraggiare i proprietari di alloggi a darli in locazione a prezzi calmierati. La richiesta rivolta al sindaco, o forse visto che sta per scadere il suo mandato a chi gli succederà, è quella di sollecitare una modifica degli accordi territoriali in materia. Sono stati siglati il 6 dicembre scorso, ma i padroni di casa segnalano alcuni problemi.

Il più evidente è il fatto che l’allegato che fissa l’importo del canone da pagare, il cui tetto viene determinato sulla base di predeterminate caratteristiche dell’immobile, viene sottoposto a controllo con una procedura costosa. È quella che si chiama “asseverazione” e serve per verificare la veridicità di quanto dichiarato.

Balzello indigesto

Il problema è che fino alla fine dell’anno scorso i proprietari potevano compilare personalmente i moduli, magari appoggiandosi ad esperti incaricati, come commercialisti, avvocati o agenti immobiliari, per poi consegnarli all’Ufficio Tributi del Comune, a cui competeva la verifica sulla veridicità. Invece, a seguito degli accordi territoriali stretti il 6 dicembre 2018, ora per potere consegnare la documentazione negli uffici comunali serve tassativamente un timbro delle organizzazioni che hanno firmato quegli accordi, e cioè Asspi, Ape-Confedilizia, Sicet, Sunia o Uniat. Sono loro, e solo loro, a dovere fare quella definita appunto “asseverazione”. E per questo servizio si fanno pagare ogni volta 50 euro, ridotti a 30 se si associa al sindacato a cui ci si rivolge.

Franca Dominici, facendosi portavoce dei malumori di tanti piccoli proprietari, segnala che è un esborso che spesso finisce per diventare salato, perché per esempio «gli affitti agli studenti a volte sono molto brevi, e per ogni nuovo contratto bisogna rifare l’asseverazione, e quindi ripagare i 50 o 30 euro».

Dubbi di legittimità

Tra l’altro - osserva la stessa cittadina cesenate - il Decreto del 16 gennaio 2017, voluto dall’allora governo Renzi, che ha aperto la strada a questo sistema, «è ritenuto da molti illegittimo perché le associazioni firmatarie degli accordi territoriali sono soggetti giuridici privati, e non enti certificatori con competenza di accertare la veridicità delle dichiarazioni. Inoltre c’è chi ha obiettato che in questo modo si limita la libera concorrenza in ambito contrattuale, creando un monopolio».

Incertezze burocratiche

Per tutte queste ragioni ci si sta mobilitando per chiedere una revisione degli accordi territoriali.

Sarebbe anche l’occasione per fare chiarezza su alcuni punti burocratici relativi al alla documentazione necessaria sui quali ci sono interpretazioni differenti. Per esempio, in qualche caso viene chiesta addirittura la presentazione di un certificato di conformità dell’impianto idrico dell’alloggio e altre volte c’è chi non si è accontentato della planimetria consegnata, ma ha preteso che fosse accompagnata dalla perizia di un geometra.

«Con tutte queste complicazioni - avverte Sandra Severi, dell’agenzia “Obiettivo Casa”, che sta facendo da collettore dei malumori e si è prestata a fare da punto di raccolta firme per presentare a chi di dovere una petizione sulla questione - si rischia di vanificare lo spirito dell’accordo, scoraggiando i proprietari dallo stipulare quel tipo di contratto favorevole anche per l’inquilino che si voleva incentivare».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui