Aggressione per rapina oppure rissa? Cinque a processo a Cesena, ferito compreso

Cesena

CESENA. Aggressione per rapina, rissa o addirittura appuntamento per un cruento regolamento di conti? È quello che si dovrà appurare in un processo che vede imputate cinque persone, per un episodio avvenuto il 13 agosto 2016. La prima versione, basata su quanto riferito da chi è uscito malconcio da quel pandemonio, fu quella di un’aggressione a un esercente compiuta per portare via 8.000 euro che aveva con sé. Ma secondo gli inquirenti, le cose non sono andate così.

Ieri c’è stata una prima udienza, durante la quale è stato ascoltato un poliziotto del Commissariato, che intervenne sul posto assieme ai carabinieri all’epoca dei fatti sotto esame nell’aula del giudice Maurizio Lubrano (pm Alessandra Dati). Quando si tornerà in aula, nel prossimo mese di luglio, verrà ascoltata anche una testimone oculare del pandemonio che scoppiò nella zona della stazione.

La cosa certa è che ad avere la peggio, riportando ferite medicate al Pronto soccorso del Bufalini, per le quali fu emessa una prognosi di 21 giorni, è stato un esercente del Bangladesh, che gestisce il “Punto Scuola”, attività che svolge anche servizio di money transfer.

Anche lui, Shawat Alam, è comunque sotto processo. Anzi, deve rispondere non solo dell’accusa di rissa, ma anche di quella di calunnia, perché secondo gli inquirenti la sua versione presenterebbe delle discrepanze rispetto a quanto si desumerebbe dalle immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza che hanno ripreso la scena furibonda.

Sono invece alla sbarra per il solo reato di rissa il collaboratore dell’uomo malmenato, il senegalese Demba Modou, che gli era accanto al momento del fattaccio, e dei tre magrebini che lo hanno pestato: Ben Khalifa Al Walid, Ramoudi Sabri ed El Abidine Hafed.

Il 32enne del Bangladesh ha raccontato che, mentre era diretto a depositare 8.000 euro assieme al suo dipendente, fu avvicinato da un nordafricano in piazzale Sanguinetti, dalle parti della sede Cils. Gli avrebbe chiesto dei soldi e, dopo essersi sentito rispondere dai due bersagli che non avevano denaro, avrebbe preso a pugni l’esercente. Poi sarebbe stato raggiunto da due complici e la situazione si sarebbe fatta ancora più allarmante, con l’uso di una catena di una bicicletta adattata come arma e di un coccio di vetro ricavato rompendo una bottiglia contro il muro. Non solo: dalla tasca dei pantaloni di uno dei membri del terzetto sarebbe spuntato persino un coltello. Conclusione: l’aggredito ha rimediato lesioni giudicate guaribili in tre settimane (certificate in ospedale) e sarebbe stato spogliato di 8.000 euro in contanti. Su quest’ultimo punto il condizionale è però d’obbligo, perché secondo gli inquirenti dalle immagini delle telecamere non è emersa la prova che quel denaro ci fosse e che sia stato portato via. Il loro sospetto è che fosse stato concordato un incontro nel parcheggio sotterraneo per una sorta di regolamento di conti. E una pista che va in quella direzione sarebbe il fatto che c’è un procedimento giudiziario parallelo aperto a carico di Ben Kalifa Al Walid per il furto di un telefonino dello stesso Shawat Alam.

Nel processo per la rissa (e la calunnia) quest’ultimo, così come il suo collaboratore senegalese, è difeso dall’avvocato Alessandro Sintucci. I tre magrebini sono invece assistiti dalle avvocate Tanja Guidone e Sara Monti.

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