Manifesti anti unione gay a Cesena, al processo parla uno degli "sposi"

Cesena

CESENA. La ferita dei manifesti funebri appeso in centro, che accompagnarono la prima unione civile tra due giovani dello stesso sesso celebrata a Cesena, si è riaperta ieri in tribunale a Forlì, durante il processo per omofobia, sulla base della Legge Mancino (applicata per la prima volta in assoluto in questa forma), che vede imputato il riminese Mirco Ottaviani. Di quanto accadde il 25 settembre 2016 è stato chiamato a rispondere, in veste di responsabile di Forza Nuova, il gruppo di estrema destra che si macchiò di quel gesto vile. Ieri sono stati ascoltati tre testimoni indicati da una delle due parti civili che si sono costituite in giudizio (l’altra è il Comune), l'Arcigay, presieduta da Marco Tonti e assistita dall’avvocato Christian Guidi.

Il momento più intenso dell’udienza è stato l’ascolto di Manuel Papi, il giovane che ufficializzò davanti alle istituzioni e alla comunità il suo legame sentimentale con Marco Trentini. Ha spiegato con chiarezza e in modo intenso il proprio percorso personale, che lo ha portato prima ad accettare la propria omosessualità e poi ha suggellare la relazione con il suo compagno, in un momento che doveva essere di festa e invece - ha riferito - qualcuno ha tentato di associare all’immagine della morte, causando dolore alla coppia, ai loro genitori e attaccando l’intera comunità lgbt. Per le parti di loro competenza, sono stati sentiti anche il vice sindaco Carlo Battistini e il comandante della polizia municipale Giovanni Colloredo, che ha riferito come sia scattata anche una sanzione, poi pagata, per affissioni abusive.

Il processo proseguirà il 28 giugno: una data molto significativa, perché sarà il 50° anniversario degli scontri di Stonewall, avvenuti a New York fra gruppi di omosessuali e polizia, episodio a cui è legato il Pride, la giornata mondiale dell’orgoglio lgtb che non a caso si festeggia ogni anno proprio quel giorno.

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