Cesenate uccise la fidanzata a Riccione, in appello la pena scende da 30 a 16 anni

Riccione

“Dimezzata” da trenta a sedici anni di reclusione la condanna per omicidio volontario a carico di Michele Castaldo, l’operaio di origine campana, cesenate d’adozione, che il 6 ottobre 2016 uccise la fidanzata, Olga Matei, 46 anni, commessa di origine moldava, strozzata nel suo appartamento di Riccione.

La Corte d’assise d’appello di Bologna (presidente Orazio Pescatore) ha accolto la tesi dell’avvocato difensore Monica Castiglioni, non ritenendo sussistenti l’aggravante dei motivi futili e abbietti. All’imputato, reo confesso e incensurato, contrariamente a quanto accaduto in primo grado sono state concesse le attenuanti generiche, anche se bisognerà attendere le motivazioni della sentenza (entro novanta giorni) per conoscere le ragioni che hanno portato allo sconto (la scelta del rito abbreviato gli garantiva in partenza la diminuzione di un terzo).

Il procuratore generale di Bologna Paolo Giovagnoli aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado. Castaldo è stato condannato anche al risarcimento delle parti civili (la figlia della vittima, la sorella e l’ex marito, assistiti dagli avvocati Filippo Airaudo, Davide Veschi e Lara Cecchini) per una somma complessiva di quasi mezzo milione di euro.

Il giudizio di primo grado era stato condizionato alla perizia psichiatrica: il perito, professor Renato Ariatti, concluse che l’omicida, con alle spalle una vita costellata da lutti (la perdita del figlio per leucemia e quella dei genitori per un tumore) e tradimenti (in precedenza aveva sorpreso in “diretta” sia l’ex moglie sia l’ex fidanzata a letto con un altro) aveva agito in preda di una «soverchiante tempesta emotiva e passionale», non rilevante però «in termini di psicopatologia ai fini della capacità di intendere e di volere». Castaldo, in aula, ha scelto di rilasciare una dichiarazione spontanea: «Non passa giorno senza che io pianga per Olga, non so perché sono arrivato a tanto. Non ricordo quasi niente di quella sera: avevano bevuto un po’ ed ero in stato confusionale, tanto che prima di andare a casa ho vagato in macchina come un automa». Secondo l’inchiesta riminese, coordinata dal pm Davide Ercolani e affidata ai carabinieri, si trattò di un tipico “femminicidio”. «Tu devi essere mia e di nessun altro» disse l’uomo ad Olga nel metterle le mani al collo. La uccise perché lei, spaventata dalla sua gelosia immotivata e ossessiva, voleva lasciarlo - spiegò lui subito dopo l’arresto - «senza neppure ascoltare le mie sfortunate storie d’amore con le altre».

Nelle ore successive al delitto, per ricostruire l’accaduto, fu fondamentale la segnalazione di una cartomante che aveva rassicurato Castaldo sulla solidità del rapporto destinato a durare nel tempo. Lui le annunciò l’intenzione di suicidarsi, mai messa in pratica, via sms. «Ciao, cambia lavoro: l’ho uccisa e mi sto togliendo la vita. Tu non indovini un c.... ».

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