Cesena, indagine penale per il crac di Brc, cadono le accuse contro 20 ex dei cda

Cesena

CESENA. L’ipotesi di reato era pesante: bancarotta fraudolenta, che il Codice penale punisce con pene molto elevate. Ma ieri è giunta la comunicazione che è caduta ogni accusa per 20 degli ex consiglieri d’amministrazione e per altre figure chiave della ora defunta Brc. Le pm Francesca Rago e Federica Messina, che hanno condotto un’accurata indagine fiume, hanno chiesto l’archiviazione. Una richiesta che il gip ha accolto, come accade quasi sempre quando è la stessa pubblica accusa a ritenere che non ci sia un impianto probatorio sufficiente per affrontare un processo. Così, senza bisogno di andare in aula, è stata riconosciuta l’innocenza dei timonieri dell’ultima e della penultima fase della storica banca di credito cooperativo andata a rotoli.

Per gli ex presidenti di Brc Luigi Mondardini e Nazario Sintini, prima che fosse formalizzata come ipotesi di reato la bancarotta fraudolenta, avevano preso corpo anche accuse per false comunicazioni sociali e ostacolo alla vigilanza della Banca d’Italia.

Quindi il sollievo è doppio per entrambi quelli che furono i timonieri dell’istituto di credito tra il 2008, quando nacque dalla fusione delle banche di credito cooperativo Romagna Centro e Macerone, e il 17 luglio 2015, quando Bankitalia fece scattare il commissariamento, durato più di un anno prima di posare la pietra tombale su Brc, messa in liquidazione.

Una lunga indagine

Come accade puntualmente in questo tipo di indagini, le consulenze tecniche si sono rivelate decisive. In particolare quella dell’esperto incaricato dai pm, che ha concluso che il quadro di prove contro gli indagati non era affatto chiaro. A quel punto, si è scritta la parola fine su un’indagine che almeno per Sintini era partita ben quattro anni fa, quando ricevette l’avviso di garanzia.

Per le altre persone finite nei guai la Procura di Forlì era invece entrata nel vivo nel mese di marzo 2016, quando era stata fatta una richiesta di prosecuzione delle indagini (avviate nell’estate precedente), che aveva allargato il cerchio e aggravato l’accusa. Non solo perché era stata ipotizzata la bancarotta fraudolenta, ma perché avevano preso forma anche le accuse di false comunicazioni sociali e di infedeltà patrimoniale dell’amministratore.

Resta il procedimento civile

L’archiviazione non spazza completamente via le beghe legali, perché c’è un’azione di responsabilità in corso. Ma si tratta di un procedimento in sede civile, in cui in ballo ci sono risarcimenti monetari (tra l’altro solitamente coperti dalle assicurazioni con cui ogni manager bancario si tutela), che è cosa ben diversa da una battaglia giudiziaria penale, che mette a rischio un bene più prezioso come la libertà personale e mina maggiormente l’onorabilità di chi viene riconosciuto colpevole.

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