Il processo sulla Cassa di Risparmio prova a scappare dalla prescrizione

Cesena

CESENA. Un calendario serratissimo di udienze. Che potrebbe così portare ad una sentenza prima dei tempi di prescrizione. È la novità emersa nell’aula del presidente Giovanni Trerè (che opera affiancato dai giudici Dora Zambelli e Marco De Leva) durante l’ultima udienza del processo per il crac Carisp.

Nel procedimento sembra sempre più evidente come al centro dell’attenzione ci sia soprattutto l’impero di “Isoldi”, la cui crisi è stata una delle principali cause dell’accumulo di crediti deteriorati, che ha finito per mettere in ginocchio la storica banca cesenate, salvata prima dalla ricapitalizzazione del Fondo interbancario di tutela dei depositi e poi dall’acquisizione da parte del gigante Cariparma Crédit Agricole.

Un mese serrato

Uno dei punti “caldi” su cui si sta disquisendo in tribunale riguarda sempre il modo in cui era stato classificato il debito che “Isoldi” aveva con la Carisp: secondo l’accusa (pm Francesca Rago) non avrebbe dovuto essere inserito tra i debiti ristrutturati, ma tra quelli difficili se non impossibili da riscuotere. Non facendolo per la procura sono stati ingannati i soci della banca. Creando danno anche alle tante parti civili ora costituitesi.

Nell’ultima udienza il presidente Trerè ha calendarizzato ben sette giornate d’udienza, quasi tutte con inizio al mattino.

A partire dal 2 ottobre fino ad arrivare al 13 novembre. Uno sforzo che potrebbe consentire al Tribunale di Forlì di prendere una decisione restando dentro ai tempi della prescrizione. Almeno per le imputazioni più pesanti.

Nove imputati

Sono due le imputazioni comuni a quasi tutte le 9 persone rinviate a giudizio dopo le indagini della Guardia di Finanza.

Tra le 639 parti civili già entrate a procedimento, tutelate dagli avvocati Grazia Angelucci, Vincenzo Bellitti, Bruno Barbieri, Gianluca Betti, Luca Ferrini, Alessandro Sintucci, Danilo Mastrocinque, Beatrice Capri, Antonio Baldacci e Grazia Angelucci, ci sono anche associazioni di difesa dei consumatori come Adulsbef, Codacons, Federcosumatori, Adicosum, Adoc.

E la Fondazione di Lugo che possedeva da sola 3 milioni di azioni: aveva dunque in mano il 12% circa della vecchia banca. La svalutazione avvenuta durante il salvataggio del Fondo Interbancario ha creato a questa Fondazione un danno enorme. Al punto che la richiesta di risarcimento avanzata da questa parte civile potrebbe aggirarsi attorno ai 40 milioni di euro.

Due imputazioni

Due i capi d’imputazione: falso in bilancio è un’accusa mossa a quasi tutti gli indagati (difesi dagli avvocati dagli avvocati Marco Martines, Mariano Rossetti, Paolo Bontempi, Massimo Solaroli, Bruna Romagnoli, Luca Sirotti, Emanuela Orselli, Giovani Scudellari, Alessandro Melchionda).

A partire da Germano Lucchi, in qualità del presidente dell’allora cda, Giovanni Maria Boldrini, Francesco Carugati, Pier Angelo Giannessi, Mario Riciputi, e Giovanni Tampieri quali membri del cda di Crc; Vincenzo Minzoni in qualità di presidente del collegio sindacale Crc, Adriano Gentili come direttore generale del cda e Luigi Zacchini, membro del collegio sindacale Crc. Nell’ipotesi accusatoria, gli amministratori in concorso tra loro sono stati rinviati a giudizio per aver approvato il bilancio della Cassa di Risparmio di Cesena Spa ed il consolidato al 31 dicembre 2012.

Le stesse sono processate per ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, con pene potenziali che vanno da 1 a 4 anni di reclusione, raddoppiate se si tratta di società quotate in Borsa. Sono finiti nei guai per questa accusa gli amministratori sempre per aver approvato il bilancio 2012, il presidente del cda per aver effettuato le comunicazioni alle autorità pubbliche di vigilanza, il direttore generale per la stessa comunicazione alle autorità di vigilanza ed aver reso parere ed effettuato la relazione a bilancio 2012, i sindaci a titolo di concorso omissivo in relazione alla posizione di garanzia rivestita per il bilancio ma anche per l’obbligo di vigilare sull’amministrazione della società e farsi garanti dell’osservanza della legge e per aver esposto a quel bilancio dati non rispondenti al vero. Il nodo principale è che «non sono state maggiori perdite per 15 milioni di euro legate alle sofferenze del Gruppo Isoldi con conseguente mancata segnalazione alla centrale Rischi di Banca d’Italia».

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