Cesena, dopo la malattia spunta una grande passione che conquista il mondo
La lotta contro la malattia
Classe 1979, la vita della cesenate Roberta Pedrelli comincia a prendere una direzione del tutto imprevista all’inizio di agosto del 2012. «A 6 mesi dal parto del mia ragione di vita, la mia bimba - racconta Roberta Pedrelli - mi hanno diagnosticato un sarcoma alla gamba destra, tumore maligno che colpisce, come nel mio caso, i tessuti molli. Fu un brutto colpo e all’inizio è stato difficile non pensare al peggio, ma piano piano ho iniziato ad elaborare la cosa è cercare di reagire». È cominciato così la battaglia contro la malattia: «Il tumore è stato trattato con più cicli di chemioterapia, di radioterapia, operato ben cinque volte nell’arco di quattro anni ma, Lui, puntualmente, dopo qualche mese si ripresentava alla mia “porta”». A settembre 2016 la battaglia si è fatta ancora più dura: «Con l’ennesima recidiva si dovette arrivare all’amputazione dell'arto inferiore destro».
Il nuovo inizio
«Non fu facile - ammette - ma non avrei mai pensato che da quel momento avrebbe avuto inizio la mia seconda vita, e che vita!». «Nel febbraio 2017 un po’ per caso - racconta ancora Pedrelli - mi parlarono di Monica Tartaglione e mi dissero che lei a Cesena allenava una squadra sitting-volley da qualche anno. Io non sapevo nemmeno l’esistenza della pallavolo per disabili, da ragazzina giocavo e quando mi invitò ad andare provare accettai». «Per me fu una scoperta bellissima, il poter di nuovo giocare a pallavolo è stato fantastico».
I mondiali in Olanda
Dopo qualche mese arrivò la convocazione nella prima nazionale femminile di sitting-volley. «Con la nazionale a luglio siamo state in Olanda per il primo campionato mondiale, un traguardo inimmaginabile ma ancor più inimmaginabile è che potessimo arrivare al quarto posto: dopo Usa, Russia e Cina, c’eravamo noi, l’Italia!»
«È la mia terapia»
«Questo è uno sport che mi sta regalando momenti ed emozioni unici, mi ha aiutato a rinforzare la corporatura, ma soprattutto a livello psicologico mi aiutato tanto, seduta a terra con gli altri mi sento normale e non mi pare di aver perso una gamba. È la mia terapia più forte al momento assieme la mia famiglia».