«Per il caporalato in Romagna il terreno è ancora fertile»

Cesena

CESENA. Il caporalato in agricoltura è purtroppo una pratica criminale diffusa, che rischia di espandersi anche in Romagna. L’utilizzo di finte cooperative e di società costituite allo scopo per offrire manodopera a basso costo con turni di lavoro massacranti, retribuzioni misere e la privazione dei diritti dei lavoratori, in gran parte stranieri sottoposti a vessazioni di ogni tipo, rappresentano le modalità con le quali si diffonde il fenomeno.

Di fronte a tutto ciò, Legacoop Romagna torna a esprimere una totale condanna del fenomeno e un apprezzamento per le istituzioni e le organizzazioni d'impresa e sindacali che tentano di contrastarlo.

La privazione dei diritti del lavoro e lo sfruttamento sono fomentati dalla profonda difficoltà economica in cui versano sempre più persone e dall’allentamento delle politiche di tutela dell’agricoltura, lasciata sempre più in balia di mercati volatili e una burocrazia soffocante.

«Purtroppo vengono utilizzate anche false cooperative per coprire lo sfruttamento, cosa per noi doppiamente inaccettabile», commenta Stefano Patrizi, responsabile del settore agroalimentare di Legacoop Romagna.

«Si tratta di società registrate e spesso con sede legale fuori dall’Emilia-Romagna, in territori ben definiti. Ci aspettiamo che le Prefetture rafforzino ulteriormente la collaborazione con gli Enti Locali e le associazioni per contrastare il fenomeno: la filiera agricola di qualità italiana non può permettersi di venire macchiata dal mancato rispetto dei diritti fondamentali del lavoro. A tal proposito occorre anche accrescere le premialità, a partire dalla Politica Agricola Comune, per le imprese che dimostrano di saper rispettare adeguatamente il lavoro».

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