Ricorso inammissibile per l’omicidio. È confermata la pena di 30 anni

Rimini

CESENA. Ricorso inammissibile. Restano, immutati i 30 anni di pena che erano stati inflitti sia dal primo grado che dall’appello. Ai quali adesso si aggiungono una sorta di “ammenda” di 2.000 euro per il ricorso che non è andato a buon fine e spese legali per 4.000 euro da saldare.

L’omicidio di via Milani è approdato due giorni fa al terzo grado di giudizio. Nella giornata di ieri i giudici hanno esplicitato la propria decisione ponendo la parole fine alla vicenda giudiziaria dell’ultimo femminicidio avvenuto a Cesena in ordine di tempo.

Pena e risarcimenti immutati

Resta immutato dunque ciò che aveva deciso la prima sezione della Corte d’Appello, cioè confermare la sentenza di primo grado inflitta dal tribunale di Forlì: 30 anni di carcere per Rachid Rahali, il 35enne che aveva ucciso a coltellate davanti ai figli piccoli la moglie e coetanea Nadia Salami, in un appartamento dell’ex Roverella, in pieno centro a Cesena.

L’omicidio che molti ricorderanno per la sua dinamica truce risale al 25 ottobre del 2015.

Con la sentenza della cassazione a questo punto rimangono confermate anche le provvisionali molto elevate a favore dei figli dell’assassino, che erano state decise dal giudice di primo grado Luisa Del Bianco: 250.000 euro per ciascuno dei tre, tutti ancora in tenera età e quindi rappresentati nei processi dall’avvocato Carlo Piccoli, tramite i servizi sociali.

L’Appello aveva inoltre confermato in 100.000 e in 70.000 euro le provvisionali destinate rispettivamente alla madre e alla sorella di Nadia Salami, assistite dall’avvocato Alessandro Sintucci.

La pena comminata al 35enne omicida è la più severa che si potesse infliggere in un caso come quello avvenuto. L’imputato, grazie alla scelta di essere processato con rito abbreviato, scongiurò infatti il rischio ergastolo.

La storia

L’uxoricidio di cui si macchiò l’uomo è rimasto impresso nella mente di tutti, non solo di chi conosceva di persona i protagonisti.

Nadia Salami fu colpita con otto coltellate, una delle quali sul volto. Il tutto “sotto lo sguardo” dei figli di 2, 3 e 4 anni.

La tragedia si consumò al termine di una giornata che lo stesso imputato aveva definito di «festa in famiglia».

Ma un raptus di gelosia finì per seminare una striscia di sangue all’interno di un appartamento in affitto calmierato all’interno del complesso ex Roverella.

In Cassazione

Davanti alla Cassazione, a Roma, Rachid Rahali è stato difeso da Giancarlo De Marco, del foro di Pescara.

Ha tentato di chiedere ai giudici della suprema corte di tornare a celebrare un nuovo processo d’Appello, ritenendo che per l’uxoricida non fossero state tenute in debito conto le attenuanti generiche.

Soprattutto chiedeva di tornare ad un secondo grado di giudizio per ribassare la pena detentiva, in quanto era stata calcolata tenendo conto dell’aggravante di aver ucciso la moglie davanti ai 3 figli piccoli. L’abitazione dove si è consumata la tragedia - era la tesi - è un bilocale, e quindi i piccoli potevano non aver fisicamente assistito alla scena terrificante. L’accusa, nei primi due gradi di giudizio, aveva invece sempre sostenuto che, quanto meno, oltre ad aver sentito la ferocia dell’uccisione della madre (e quindi aver percepito il dramma che si stava consumando), i bimbi avessero comunque potuto vedere con i proprio occhi almeno il “dopo”, con la madre a terra prima di vita in un lago di sangue.

Tutti elementi che la Corte di Cassazione non ha esaminato. Ritenendo inammissibile il ricorso perché nel merito ella vicenda e quindi non di competenza. Ma esaminato già due volte e correttamente da primo grado di giudizio ed Appello a Bologna.

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