La Fondazione Carisp: «Adesso Cariparma Crédit Agricole rimanga al servizio del territorio»

Rimini

CESENA. «Occorre distinguere il ruolo istituzionale della Fondazione da quello privato del singolo risparmiatore. Il dovere della Fondazione è quello di guardare avanti e pensare all’interesse collettivo».

Con queste parole Guido Pedrelli, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena spiega il proprio voto favorevole alla delibera che martedì scorso ha decretato l’incorporazione della storica banca locale da parte di Crédit Agricole.

Quella decisione non è stata accolta bene dai circa cento piccoli azionisti presenti all’assemblea che si è tenuta al Carisport. Dopo avere ascoltato l’intervento, hanno accompagnato con grida di dissenso l’annuncio del voto favorevole.

Perché una scelta del genere?

«La Fondazione ha perso gran parte del proprio patrimonio a seguito della crisi della Cassa di Risparmio di Cesena. Ma quella per noi è una vicenda chiusa. Quello che conta adesso è pensare al futuro. È il nostro compito».

Tanti vecchi azionisti, però, hanno visto bruciato quasi completamente il loro investimento e non si danno pace.

«Se i privati hanno motivi per ricorrere e pensano di riuscire a fare valere le proprie ragioni attraverso le vie legali, fanno bene a percorrere quella strada. Ma ripeto che il ruolo della Fondazione è un altro. È un ruolo istituzionale. La nostra attenzione deve essere mirata ora a fare capire a chi ha incorporato la banca che non ha ereditato solo muri, conti correnti e clienti, ma deve ereditare anche la funzione al servizio del territorio che la Cassa di Risparmio ha sempre avuto nei suoi 176 anni di storia».

Di questa storia lei sembra orgoglioso, nonostante il doloroso epilogo...

«Non dovremo mai dimenticare, e non dovranno farlo neppure i nuovi proprietari francesi, che lo sviluppo di questi territori è avvenuto perché la Cassa l’ha finanziato. Le industrie, le aziende artigianali, le aree commerciali, sono state ampiamente se non esclusivamente, sostenute dalla Cassa. Se un impiegato, un operaio, un piccolo imprenditore e il più umile dei cittadini ha avuto e ha una casa dove vivere con la propria famiglia, questo è avvenuto e avviene perché la Cassa ha concesso mutui quando altre banche li negavano. Se una agricoltura povera è divenuta una delle più floride d’Italia e d’Europa, questo è successo sempre perché la Cassa l’ha finanziata. Se oggi la nostra riviera ospita milioni di presenze turistiche, è possibile perché alberghi, ville e appartamenti sono cresciuti col credito concesso dalla Cassa. La Cassa era la banca di tutti noi, era l’amica di famiglia, era la vicina di casa alla quale affidare i risparmi e confidare i propri sogni».

Ora, però, tutto questo è finito, lasciando cicatrici profonde, a partire dalle pesantissime perdite patite da oltre 13.000 vecchi soci.

«Sì, ma è il momento di lasciarci alle spalle il recente passato infelice e guardare avanti. E nel farlo il mio primo invito ai nuovi che arrivano è a non dimenticare e a non rinnegare il passato, ma proseguirlo e, se necessario, rafforzarlo. Come ho detto in assemblea, come presidente della Fondazione, non ho voluto limitarmi a fare un elogio funebre. Il nostro è un territorio ricco, con aziende sane, imprenditori onesti e lavoratori instancabili ed è a loro che dobbiamo continuare a dare risposte».

Oltre all’indubbia solidità e professionalità, Crédit Agricole potrà continuare ad assicurare un forte radicamento sul territorio?

«Proprio questo è il punto chiave. Chiediamo di non venire a drenare risorse per impiegarle altrove, di continuare a finanziare lo sviluppo di un territorio che vuole andare avanti, ma che non potrebbe farlo senza l’intervento della nuova-vecchia banca. Le banche sono aziende alla ricerca di profitto, com’è giusto che sia, ma sono anche il motore dell’economia e la Cassa rappresentava un terzo dei risparmi della nostra gente. Perciò ai signori di Cariparma Crédit Agricole ho chiesto di mantenere questi risparmi nel letto dei nostri fiumi, di non disperderli in rivoli che sfociano in altri mari».

In questo contesto quale sarà il ruolo della Fondazione?

«Il senso di responsabilità ha imposto di scegliere la soluzione migliore a questa vicenda, che ha tenuto la Fondazione sospesa e da due anni incerta sul suo avvenire. Durante il percorso fatto, a volte abbiamo anche lottato con la nuova proprietà, fino a sembrare sgradevoli, ma abbiamo sempre conservato l’ottimismo, il coraggio e la volontà di non rinunciare a quello che è il primo compito di una Fondazione: dare e cercare solidarietà. Si è chiusa una grande storia ed è iniziato un nuovo progetto. La Fondazione è pronta a collaborare col nuovo gruppo dirigente della banca. Ciascuno nei propri ruoli, ma con pari dignità. Se lo spirito sarà questo, noi ci saremo».

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