La Carisp fa pulizia: via i crediti deteriorati, perdita di 104 milioni

Cesena

CESENA. Si è chiuso con una perdita di 104 milioni di euro il bilancio 2017 della Cassa di Risparmio di Cesena. Il dato nudo e crudo non suona bene, anche perché arriva dopo un passivo di 67 milioni nel 2016. Eppure anche persone per nulla tenere con il management della banca, come Davide Fabbri e Franco Faberi, timonieri del comitato difesa risparmiatori, non lo considerano un risultato negativo. Quella cifra è infatti figlia di un’operazione giudicata assolutamente indispensabile per risanare l’istituto di credito e che avrà effetti positivi sui bilanci futuri: una massiccia cessione dei crediti deteriorati.

Crediti deteriorati venduti

Per la precisione, è stato ceduto un fardello pesante ben 1 miliardo e 302 milioni di euro lordi. Grazie alla disponibilità del Fondo Atlante, il prezzo a cui sono stati venduti questi crediti complicati, se non impossibili, da recuperare è buono: l’incasso è stato pari a 530 milioni. Si tratta del 40,7% del valore lordo, una decina di punti percentuali in più rispetto a vendite di questo genere effettuate di recente. Ora solo l’11% dei crediti complessivi della Carisp risulta deteriorato. Una bella differenza rispetto alla situazione esistente alla fine del 2016, quando erano il 41%.

Non è un caso che ieri sia partita proprio da questo aspetto l’illustrazione del bilancio chiuso al 31 dicembre 2017 che il direttore della Cassa di Risparmio di Cesena Massimo Tripuzzi ha fatto al Carisport, durante l’assemblea dei soci.

Voto favorevole “bulgaro”

Visto che Crédit Agricole Cariparma, azionista di maggioranza che sta per incorporare la banca cesenate (così come le “cugine” di Rimini e San Miniato), possiede il 95,3% del capitale sociale, e qui non vale il principio “una testa, un voto” ma il numero di azioni che ciascuno ha in mano, l’approvazione dell’assemblea era scontato. E infatti è arrivata in misura più che “bulgara”: ben il 99,92% ha detto sì. Ha votato contro appena lo 0,04% (per una massa totale di 244.810 azioni, che alle attuali quotazioni significano un totale di 122.405 euro, ma a suo tempo furono pagate quasi 3,7 milioni di euro) e altrettanti si sono astenuti.

Dietro questa apparente unanimità si nascondono però tensioni, che sono affiorate su un tema diverso, che non era all’ordine del giorno ma è stato al centro di molti interventi e di qualche urlo di rabbia: l’offerta pubblica d’acquisto che è stata lanciata nei confronti dei 13.313 piccoli azionisti privati della Carisp (vedi servizio nella pagina a fianco). Quasi tutti gli interessati la considerano misera, visto che consentirà di recuperare solo tra il 5% e il 10% di quanto investirono anni fa.

Finanziamenti ripartiti

Tornando al bilancio, sono tanti i dati interessanti. E molti sono incoraggianti, al di là della perdita finale di 104 milioni , che è stata attutita da 70 milioni di euro che sono stati messi dal Fondo interbancario tutela depositi (che aveva rilevato il 95,3% della Carisp per scongiurare il crac e poi lo ha ceduto lo scorso 21 dicembre a Crédit Agricole Cariparma). Per esempio, ci sono già i primi segnali di un aumento dell’erogazione del credito, che era stato quasi congelato a causa della situazione di difficoltà. Dai 151 milioni del 2016 si è passati ai 185 milioni dell’anno scorso. E nel triennio 2018-2020 dovrebbe esserci un’impennata ancora più eclatante (sempre facendo più attenzione all’affidabilità dei destinatari rispetto a quanto è stato fatto in passato), perché sono stati annunciati nuovi finanziamenti per un totale di 1,1 miliardi. Uno sforzo che verrà fatto prima di tutto a sostegno delle famiglie e delle piccole imprese, a un ritmo molto maggiore rispetto all’andamento che si prevede a livello nazionale: la crescita prevista è del 10% invece che tra l’1% e l’1,5%.

Clientela, patrimonio, spese

Per quel che riguarda la raccolta di denaro dalla clientela, quella diretta è calata a 2.717 milioni, ma l’81% è costituita da correntisti, in forte aumento, mentre sul versante della raccolta indiretta è lievitata quella legata a Fondi e gestioni, che hanno superato il tetto di 1 miliardo di euro. Tra l’altro, nel primo trimestre dell’anno in corso c’è stata una crescita di quasi 600 clienti, mentre l’anno scorso c’era stato un calo in misura più o meno corrispondente.

Il portafoglio titoli ammonta a 653 milioni e di questi ben 601 milioni sono costituiti da titoli di Stato. Il patrimonio netto è di 284 milioni e i parametri che indicano la solidità della banca sono rassicuranti e in rialzo: il Cet 1 e Tier 1 è passato dal 10,3% al 10,6% e il Total Capital Ratio dal 12,6% al 12,9%.

Sul fronte delle spese, spicca il calo di quelle per il personale (da 58,6 a 47,5 milioni), a seguito della diminuzione di 152 dipendenti rispetto ai 951 di fine 2016. Un altro alleggerimento è stato fatto razionalizzando anche la “geografia” delle filiali, che sono scese da 93 a 82. La gestione operativa è passata da -9,6 milioni a +17,8 milioni.

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