Racconto smentito dai tabulati: vacilla la difesa di Matteo Cagnoni

Rimini

RAVENNA. La scorsa udienza disse che mentre erano nella villa dove poi la moglie verrà trovata cadavere Giulia «ricevette due chiamate alle 11.05», in un orario in cui per l’autopsia la 39enne era già morta, salvo poi collocare le telefonate «a un’ora prima» dopo che il sostituto procuratore Cristina D’Aniello aveva rimarcato che di quei colloqui non c’era traccia nei tabulati del cellulare della vittima, i cui ultimi segnali si interrompevano proprio alle 10.06.

E ieri quelle telefonate sono tornate al centro del processo a carico di Matteo Cagnoni, movimentando un’udienza che sulla carta appariva “neutra” per il dermatologo 52enne accusato di aver massacrato la consorte da cui si stava separando e che la volta precedente aveva raccontato la sua verità fornendo una spiegazione, alcune convincenti, altre meno, rispetto alla mole di elementi contro di lui.

«Allontanai Giulia da falsi amici»

In un’aula meno affollata rispetto a venerdì, quando per l’affluenza furono elevate 32 multe per la sosta selvaggia nel piazzale del tribunale (a farne le spese anche il difensore dell’imputato, costretto a parcheggiare fuori dagli spazi perché non c’era posto e stava per iniziare l’udienza), l’esame del teste inizia con le domande della difesa.

Rispondendo agli avvocati Giovanni Trombini e Francesco Dalaiti, Cagnoni ripercorre i momenti salienti del rapporto con la moglie con la quale, spiega, «ci sono stati momenti di tenerezza anche durante la crisi», smentendo di averla mai «picchiata» né «manipolata, altrimenti saremmo ancora insieme».

«Non ho mai smesso di volerle bene, mai l’avrei toccata, tantomeno uccisa» torna a ribadire, dicendosi felice di averla «allontanata dall’ambiente di false amicizie in cui giravano anche droghe» dei primi tempi in cui la conobbe. Ha negato di averle proibito di frequentare gli amici, bollando come infondate le accuse di gelosia e possessività «uno dei pregi che aveva è che non me ne ha mai dato motivo. E comunque quando in passato mi tradì con un ragazzo che era la sua “fissa” semplicemente ci allontanammo; anzi con quel ragazzo quando tornò con me diventai anche amico».

«Non sono vendicativo»

Ha detto di non aver gradito «tutte le cose che sono venute fuori» che lo hanno dipinto come un mostro, descrivendo come «fabulante» la donna quando nell’ultimo periodo lo aveva «personificato come causa di tutti i suoi mali per giustificare forse il suo senso di colpa per il tradimento», affermando di non essere vendicativo («è una definizione che non mi appartiene») né tantomeno violento («mai alzato le mani, salvo che nella discussione con Bezzi, fatto di cui mi vergogno»).

Due “telefonate fantasma”

A tornare sulle telefonate, al momento del contro esame, è stato il pubblico ministero che gli ha chiesto di ripercorrere quanto a suo dire avvenne la mattina del 16 settembre 2016, prima che Giulia sparisse nel nulla.

«Era accanto a me – ha spiegato il marito –, ricevette due telefonate, nella prima cadde subito la linea, nella seconda, che fu molto breve, sentii dall’altra parte una voce squillante di donna che lei rassicurò dicendo che “vedrà che starà arrivando”. Quando mise giù, prima di staccare il telefono, mi disse che era il centro antidiabetico dove il padre si stava recando per un appuntamento».

Ma dai registri quelle telefonate non risulterebbero. «Ho un tabulato telefonico che mostra per le chiamate provenienti da un numero fisso la dicitura 14g. Se andiamo a vedere la legenda scopriamo che quella sigla indica che la chiamata è terminata in segreteria telefonica, che nessuno ha risposto» incalza l’accusa. Tanto più che solo dall’altra parte della cornetta avrebbero potuto sentire una voce femminile, ovvero l’attivazione della segreteria, mentre il ricevente non avrebbe sentito nulla. «Eppure se io non posso fare ipotesi su chi ha chiamato dalla casa di Ravenna a quella di Firenze il sabato, qui sono certo. Basterebbe sentire al centro antidiabetico se qualche operatore ha chiamato» ribatte Cagnoni. «L’intestatario del numero chiamante è uno studio oculistico» puntualizza il sostituto procuratore Cristina D’Aniello, a cui l’imputato replica «lo ribadisco, sono sicuro, peraltro è irrilevante sostenere che Giulia abbia fatto una telefonata quando non l’avesse fatta a meno che non mi abbia detto una balla e visto quello che c’è scritto agli atti...».

Ma il pubblico ministero lo ferma: «Vede, non è irrilevante perché mentre lei dice che risponde al telefono per la Procura qualcuno la sta ammazzando». «Eppure delle telefonate sono certo, non ho il minimo dubbio – spiegherà poi il medico al giudice Corrado Schiaretti –. I miei avvocati stanno facendo delle verifiche perché questa cosa è molto strana».

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