Nuove ipotesi sulla scomparsa della Teverini

Rimini

CESENA. Se davvero Manuela Teverini è stata uccisa e il suo cadavere è stato poi nascosto alla perfezione, tanto da non trovarsene traccia nell’arco temporale di 18 anni, dove potrebbe essere finito? È un interrogativo che rischia di non trovare una risposta neppure se si dovesse avviare un processo contro Costante Alessandri, il marito della donna scomparsa da Capannaguzzo il 5 aprile 2000.
La Procura ha chiesto di rinviare a giudizio l’uomo, ma persino in caso di condanna è improbabile che si riesca a individuare il punto in cui si trovano i resti della consorte che stava per separarsi da lui quando, a soli 35 anni, svanì misteriosamente. Questo particolare non è dirimente nelle valutazioni che i potrebbero fare sulla colpevolezza o meno di Alessandri, ma è una domanda che merita comunque grande attenzione e rispetto. Anche perché tutti i familiari delle persone scomparse sono concordi nel dire che un loro strazio particolarmente doloroso è il fatto di non avere un luogo su cui piangere i propri cari e di non poterne recuperare le spoglie.
Le ispezioni fatte nei campi attorno alla casa dove vivevano Manuela Teverini e il suo coniuge, ma anche in altri luoghi (per esempio, in un laghetto che è stato esplorato dai sommozzatori) non hanno fatto emergere segni evidenti. Così come non era venuto alla luce niente di significativo nelle ricerche effettuate in un momento più ravvicinato alla scomparsa, quando si erano fatte verifiche anche in canali e vasche d’irrigazione nei dintorni dell’abitazione a Capannaguzzo. Non è stato d’aiuto neppure l’impiego, alcuni mesi fa, del “georadar” e di “cani molecolari”.
La convinzione delle persone che hanno seguito il caso, a cominciare dai familiari di Manuela Teverini, è che il corpo senza vita della donna sia stato portato, e occultato, lontano dal luogo di residenza. Probabilmente fuori città. È difficile fare ipotesi, ma c’è chi pensa, per esempio, ad un affondamento in mare, con qualche peso legato che potrebbe avere trascinato il cadavere sul fondo. In questo caso sarebbe stato logico scegliere una zona poco frequentata. Tra le idee che circolano ce n’è una che conduce ai lidi, che Costante Alessandri frequentava e conosceva bene. Alcuni tratti di quelle coste a inizio aprile sono deserti. Perciò un occultamento, magari in orario notturno, sarebbe stato possibile senza correre troppi rischi.
Intanto, in attesa dell’udienza preliminare fissata per il 13 aprile, che sarà decisiva per decidere se si celebrerà un processo che fino ad oggi non è mai iniziato, l’indagato e l’avvocato Carlo Benini, che lo assiste, si sono dichiarati sereni. Stanno insistendo sul fatto che la nuova indagine che è stata aperta non ha fatto emergere alcuna novità eclatante rispetto agli elementi già raccolti tanti anni fa. Perciò ritengono che non ci siano le basi per sostenere un’accusa, visto che in una situazione non dissimile, nel 2006, ci fu già un’archiviazione. E ancor prima, verso la fine del 2002, Costante Alessandri era finito in carcere, ma ci era rimasto solo per qualche settimana.
Indagini recenti e remote
L’apertura dell’inchiesta bis, conclusa da poco, risale a circa un anno fa. Uno spunto era arrivato dalla popolare trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?”, rivelando che c’erano accertamenti in corso a carico dell’uomo per possesso di materiale pedopornografico. Da lì si ricostruirono vari passaggi di tutta la storia: dai rapporti extraconiugali di Alessandri fino alla scoperta che sua moglie aveva sottoscritto una polizza vita, ma soprattutto quello che fu l’episodio più clamoroso. Ad un certo punto, l’indagato confidò a una donna che era stato proprio lui a uccidere Manuela. Quella frase su intercettata dagli inquirenti. Ma Alessandri convinse il gip che era stata solo una mossa provocatoria diretta a chi lo stava “spiando”, perché lui ne era venuto a conoscenza. 

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui