Traffico internazionale di droga: chiesta l'estradizione di una 74enne

Cesena

CESENA. Da tanti anni (quasi 20 per l’esattezza) è felicemente sposata a Cesena ed ora occupa il suo tempo facendo “vita da nonna”. Anche per questo lo scorso mese di luglio, quando alla porta di casa sua aveva suonato la polizia del Tribunale di Sorveglianza di Bologna che le aveva stretto le manette ai polsi, lei stessa non credeva a ciò che stava avvenendo.

“Nonna cocaina” come subito l’avevano ribattezzata le compagne della cella dove per un paio di giorni era stata rinchiusa, ieri è comparsa in Corte d’Appello a Bologna per discutere del suo futuro. Il Brasile ne schede l’estradizione. Per una pena da scontare di 7 anni e mezzo.

Protagonista di questa stranissima storia è una signora: moglie di origini colombiane di un imprenditore locale. L’accusa a suo carico è di aver partecipato fornendo appoggio in concorso, al trasporto (nel lontano settembre del 1991) ad un carico di 420 chilogrammi di cocaina, stivati su un nave e nascosti in mezzo ad un carico di pallet.

Una droga con grado di purezza dell’80% del valore di “incalcolabili milioni di euro” una volta tagliata ed immessa nel mercato europeo. Droga che aveva viaggiato dalla Colombia al Brasile (la cesenate è accusata di aver avuto un ruolo da “contatto” per una contropartita di una quarantina di chili). Poi era stata nascosta in un carico di pallet fino al Portogallo per essere infine intercettata dalla polizia spagnola quando ormai stava per essere immessa sul mercato di tutta Europa.

«Fui arrestata in Spagna per quelle accuse all’epoca dei fatti. Ed ho anche scontato un periodo detentivo». A nulla sono valse finora le proteste della donna. La polizia aveva nelle mani un ordine di cattura internazionale per scontare (in Brasile) 7 anni e mezzo di reclusione.

Dopo qualche giorno di cella in luglio la 74enne fu liberata con obbligo di dimora nel comune di Cesena.

Ieri i suoi avocati Alessandro Sintucci ed Ilenia Abbondanza ne hanno difeso le parti davanti alla Corte composta dai giudici Luca Ghedini, Gilberto Sigliano ed Anna Mori. Nell’aula in cui l’accusa era sostenuta dal procuratore generale Franca Oliva.

I difensori della donna hanno chiesto anzitutto di tenere conto nella decisione se estradare o meno la donna, del fatto che le carceri brasiliane difficilmente potrebbero garantirne la sicurezza e la sopravvivenza. Solo nel carcere di Manaus (il porto da dove partì la cocaina per il viaggio verso l’Europa) l’ultimo giorno dell’anno sono stati conteggiati 60 detenuti uccisi nell’anno trascorso. Una donna di 74 anni difficilmente potrebbe resistere a sette e mezzo in un luogo così pericoloso, per scontare la pena che le è stata inflitta.

La droga venne trovata nascosta nei pallet nel 1991. La cesenate sostiene di aver espiato una pena in Spagna per quella questione. Pena scaduta nel 1996, con i difensori che hanno evidenziato ai giudici la possibilità alle porte di una sorta di doppia punizione per un medesimo reato: che non è contemplata in nessun codice, nemmeno sul fronte internazionale.

Sul fatto che possano esserci poi nelle carceri brasiliane dei trattamenti inumani, anche il procuratore generale ha chiesto che vengano forniti ai giudici degli elementi di chiarezza. Inoltre i difensori hanno spiegato come anche per la legge brasiliana quel reato di cocaina risulti ormai estinto per prescrizione già da tempo. E come comunque, in Brasile, nessuno si fosse mai preoccupato di “avvisare” la donna che era imputata in un processo simile. Per darle modo di difendersi come invece prescritto da tutte le leggi internazionali.

Insomma: dopo quasi 27 anni “nonna cocaina” andrebbe lasciata libera. Almeno per quanto hanno chiesto i suoi avvocati. I giudici si sono riservati questa decisione, che verrà comunicata solo nei prossimi giorni.

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