Ex Brc a Banca Sviluppo, «con i dipendenti accordo non valido»

Rimini

CESENA. Gli accordi che hanno portato all’acquisizione della ex Brc da parte di Banca Sviluppo sono stati raggiunti con un comportamento anti sindacale, e con una cessione di ramo d’azienda non conforme ai regolamenti. Così non valgono. È in estrema sintesi la sentenza (di 2° grado) decisa dal Tribunale del Lavoro di Forlì a firma del giudice Roberta Dioguardi. Sentenza che spiana la strada ora a 188 lavoratori della ex Brc.

In passato

Per avere garantito il posto di lavoro anche nella banca acquirente i dipendenti avevano dovuto accettare decurtazioni di stipendio e posizioni contrattuali all’interno della “nuova banca che li assumeva” penalizzanti rispetto al passato. Cosa che adesso Banca Sviluppo è chiamata a sanare riportando tutto a com’era prima di metà del 2015: almeno sotto il profilo del contratto di quei dipendenti.

In primo grado

La sentenza di appello arriva dall’impegno speso in tutto questo tempo dalla Uil confederale di Cesena ed in particolare dalla Uilca. Il sindacato dei bancari Uil all’epoca dell’estenuante trattativa per la cessione dell’ex Brc (condotta con i liquidatori della banca) era stata l’unica sigla a non firmare l’accordo. Ritenendolo penalizzante in maniera non normale. Di fronte alla prospettiva di perdere il lavoro 188 dipendenti della vecchia banca su 189 (uno non firmò e non venne assunto a Banca Sviluppo) firmarono l’accordo che portò alla “riassunzione”. Ma la Uilca propose contro quell’accordo, ricorso. Chiamando in causa sia la ex Brc che Banca Sviluppo. La sentenza di 1° grado non aveva cambiato lo stato delle cose. Perché fino alla stipula dell’atto di cessione a Banca Sviluppo (17 luglio 2015) questa per il primo giudice non rivestiva l’indispensabile veste datoriale. Non era apparso fondato nemmeno l’addebito incentrato sul mancato adempimento da parte del datore di lavoro di obblighi informativi legati la cessione di un’azienda o di un ramo della stessa.

Appello e sentenza

Le sorti della seconda causa sono state affrontate per conto della Uilca di Cesena sempre dal professor Giovani Alleva e dall’avvocato Alessandra Raffi. Che hanno sottolineato di nuovo come la sottoscrizione del verbale di conciliazione individuale fosse stata la condizione assoluta per quale Banca Sviluppo avrebbe poi acquistato la vecchia Brc. E come questi accordi fossero stati firmati prima della cessione di Brc stessa. Una procedura che anche per il giudice Dioguardi, ora, è anti sindacale ed avvenuta in violazione delle norme sulle cessione di ramo d’azienda.

Nuovi contratti

La sentenza non ripristinerà in automatico le condizioni di contratto precedenti per tutti i 188 lavoratori dall’oggi al domani. Ma costringerà Banca Sviluppo a sedersi di nuovo davanti ai sindacati per modulare come riportare tutto ai contratti di epoca Brc. Decisamente una patata bollente per Banca Sviluppo che aveva effettuato “l’investimento” sulla ex Brc forte di poterla strappare (e salvare) in condizioni “più leggere” rispetto alla precedente gestione.

«Siamo molto soddisfatti - ha detto ieri il segretario della Uil di Cesena Marcello Borghetti - Perché questa sentenza dimostra come la nostra tesi, cioè che non ci fossero le condizioni adeguate per firmare un accordo come quello che passò allora, erano fondate. La trattativa andava fatta in maniera diversa ed ora andrà recuperata con Banca Sviluppo visto che le sottoscrizioni di atti individuali che hanno portato all’assunzione di 188 lavoratori sono considerate non valide. Ciò che la Uil ha sempre sostenuto».

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