Processo Carisp al bivio: resta qua o si sposta a Roma?

Cesena

CESENA. Una volta che si è stabilito, con il rinvio a giudizio, che il processo contro i vecchi vertici della Cassa di Risparmio di Cesena s’ha da fare, ecco che la battaglia legale si sposta su un altro terreno: dove s’ha da fare? È stata la domanda al centro della prima udienza che si è svolta ieri mattina in tribunale a Forlì. Una domanda che resterà in sospeso fino al 5 febbraio, data in cui il giudice si esprimerà su questo dubbio insinuato dai difensori dei dieci imputati alla sbarra per due accuse riferite a fatti avvenuti nel 2012: false comunicazioni sociali e ostacolo all’attività di vigilanza della Banca d’Italia.

Processo sì, ma a Forlì o Roma?

La loro tesi, che si è tradotta in un’eccezione di competenza territoriale, è che questo secondo reato, che è quello punito più pesantemente, si sarebbe perfezionato non nel momento in cui gli ispettori sono piombati sulla banca cesenate per analizzarne i conti, ma sono nell’istante in cui le comunicazioni derivanti da quell’attività sono state ricevute dall’organo di controllo, e cioè Bankitalia, che ha sede a Roma. Perciò è stato chiesto di celebrare il processo non nel tribunale di Forlì, che è quello a cui fa riferimento il territorio cesenate, ma nel palazzo di giustizia della capitale. Sia il pm sia le parti civili si sono opposte a questa richiesta, ritenendo che invece il reato sia stato compiuto nel momento e nel luogo in cui ci sarebbero stati i presunti intralci, cioè a Cesena.

Tra l’altro, se passasse la linea della competenza da spostare nelle mani dei giudici romani, la mannaia della prescrizione potrebbe calare anche sull’imputazione per ostacolo alla vigilanza (quella per le false comunicazioni sociali morirà già tra due mesi perché è trascorso troppo tempo senza arrivare a una sentenza), perché si dovrebbe ripartire da capo.

Anche Bankitalia parte civile

Un altro aspetto interessante dell’udienza di ieri sono state le nuove costituzioni di parte civile. A farsi avanti indossando le vesti della parte danneggiata è stata Banca d’Italia, in quanto organo di vigilanza a cui gli ex vertici della banca avrebbero messo i bastoni tra le ruote. Inoltre, centinaia di parti civili che si erano già costituite per le false comunicazioni hanno chiesto di farlo anche per l’ostacolo alla vigilanza. E altre decine che ancora non erano scese in campo per nulla (in particolare quelle che si sono rivolte al comitato difesa risparmiatori capitanato da Davide Fabbri) hanno deciso di farlo. I difensori degli imputati hanno chiesto i termini a difesa per potere esaminare proprio tutte queste nuove istanze.

I protagonisti del processo

Il collegio giudicante davanti a cui al momento è stato incardinato il processo è presieduto da Giovanni Trerè e dai giudici a latere Zambelli e Dell’Eva. L’accusa è sostenuta dalla pm Francesca Rago. Gli imputati (difesi dagli avvocati Marco Martines, Mariano Rossetti, Paolo Bontempi, Massimo Solaroli, Bruna Romagnoli, Luca Sirotti, Emanuela Orselli, Giovani Scudellari, Alessandro Melchionda) sono Germano Lucchi, presidente dell’allora cda, Enrico Bocchini, Giovanni Maria Boldrini, Francesco Carugati, Pier Angelo Giannessi, Mario Riciputi e Giovani Tampieri, che ne facevano parte, gli ex membri del collegio sindacale Vincenzo Minzoni e Luigi Zacchini e l’ex direttore generale Adriano Gentili.

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