Valanga di voucher a Forlì-Cesena

Rimini

CESENA. Una montagna di voucher anche nel territorio cesenate e sotto quello che è più di un sospetto: che in tanti casi si siano trasformati in un paravento per coprire ampie fette di lavoro nero. Esattamente il contrario dell’obiettivo dichiarato che avevano quando sono stati ideati, che doveva essere l’emersione dell’occupazione irregolare in determinati settori.

A fare una fotografia impietosa dell’utilizzo dei “buoni lavoro” è Giuliano Zignani, segretario regionale della Uil. Lo fa dati alla mano: quelli elaborati dal suo sindacato proprio per fare il punto su questo specifico aspetto del mercato del lavoro, in riferimento a quello che è successo in Italia nel corso dell’anno che si è appena concluso.

I numeri sono impressionanti: a livello nazionale sono stati venduti 145 milioni di voucher, di cui 73 milioni nell’edilizia, industria e trasporti, 20 milioni nel turismo e 18 milioni nel commercio. E già in questa suddivisione Zignani nota un’anomalia, particolarmente significativa in una terra come quella cesenate che ha una vocazione contadina: i voucher usati in agricoltura sono stati solo 2 milioni. Eppure - fa notare l’esponente della Uil - «proprio questo era uno dei comparti in cui si pensava che i voucher potessero arginare il lavoro nero. Evidentemente non è stato così».

L’Emilia Romagna è la terza regione per numero di voucher: nel 2008 erano solo 63 mila, l’anno scorso hanno raggiunto l’astronomica cifra di 18 milioni e 170 mila. Nella zona di Forlì-Cesena si è toccata quota 1 milione e 689 mila. Sono un po’ meno rispetto alle altre due province romagnole (Rimini è a 2 milioni e 162 mila e Ravenna a 1 milione e 962 mila), ma in regione ne sono stati impiegati di meno nel Parmense, nel Ferrarese e nel Piacentino. E se si guarda la graduatoria nazionale, Forlì-Cesena occupa il 28° posto su un totale di 104 province che sono monitorate dalla Uil.

Zignani mette l’accento soprattutto su quello che considera «un abuso nell’utilizzo dei voucher nel mondo del turismo e in quello del commercio». Fa notare che «in origine quello strumento era stato pensato per studenti e per pensionati che prestavano attività saltuarie per limitati periodi». E a quell’origine chiede di tornare, sollecitando il presidente della giunta regionale, Stefano Bonaccini, a farsi interprete di questa esigenza presso il Governo, anche nella sua veste di presidente della Conferenza Stato-Regioni.

Il problema - segnala allarmato il timoniere della Uil - non è solo che «i voucher non garantiscono praticamente alcun diritto per quel che riguarda aspetto come la percezione dell’indennità di disoccupazione o la costruzione seria di una pensione». A suo avviso, c’è anche un altro nodo: «La tracciabilità non basta ad evitare pericolose derive, perché dipende tutto dai controlli, che sono blandi per la cronica carenza di ispettori. E allora il voucher diventa spesso una copertura da fornire solo nel caso in cui vengono compiute verifiche: tanti lo usano per pagare qualche ora, mentre il resto viene versato in nero».

Un ultimo messaggio è rivolto alle associazioni degli imprenditori: «Anche loro hanno sottoscritto il Patto per lo sviluppo ed il lavoro, che in Emilia Romagna ci impegna a fare di tutto per garantire un’occupazione non qualsiasi ma di qualità. E allora sensibilizzino i loro associati a fare ricorso il meno possibile ai voucher».

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