Violenze e vessazioni: segregata dalla padrona

Rimini

CESENA. È una violenza vicina, spesso agita dal contesto familiare, quella raccontata nel convegno “Violenza di genere subita e assistita” che si è tenuto ieri nella sala del consiglio comunale.

Storie durissime di donne maltrattate, costrette a subire violenza per anni. Casi in cui violenza fisica e psicologica si alimentano a vicenda, che accadono vicino a noi. Che sempre più spesso vengono perpetrate sui luoghi di lavoro, come raccontano le operatrici del progetto “Oltre la strada”. Accade soprattutto nei lavori domestici, in agricoltura, nelle badantato, nel settore del turismo.

Sono casi che si riesce a portare alla luce quando la rete si muove con efficacia. A volte ad innescarla è la “fortuna”.

Per una colf al servizio di una famiglia nel territorio provinciale, quella “fortuna” aveva le fattezze di una giovane baby sitter. È stata la sua denuncia ad attivare le indagini della Squadra Mobile che hanno permesso di portare a galla due anni di segregazione e schiavitù: alla colf non era consentito uscire di casa, ed era costretta ad orari di lavoro assurdi che la sera si protraevano fino alla mezzanotte per tornare operativi alle 6, costretta a mangiare gli avanzi della famiglia, sempre ammesso che ce ne fossero, privata della possibilità di possedere alcunché, nemmeno gli abiti. Tutti fatti che a marzo diventeranno materia processuale: le indagini hanno infatti permesso di venire a conoscenza anche di un precedente. In quel caso la colf segregata era riuscita a fuggire in occasione di una vacanza in Sardegna. Finora davanti al Gip accusata è la “padrona di casa aguzzina”. C’è stato un incidente probatorio durante il quale le due vittime hanno raccontato anni di vessazioni e segregazione subite.

Il progetto “Oltre la strada” intercetta anche le storie delle donne profughe, spesso abusate lungo tutte le tappe dei viaggi disperati che intraprendono in cerca di un futuro migliore di quello che si lasciano alle spalle. Fenomeno, quello migratorio, che a volte si accompagna a quello brutale della tratta. È il caso di una donna costretta a prostituirsi dal convivente a Cesenatico, per anni vittima di violenze e sevizie oltre ogni immaginazione. Nel suo caso la “fortuna” che ha messo in moto la rete (interrompendo il ciclo della violenza) aveva le sembianze di una bambina. A salvarla, infatti, è stata la paura che ha letto negli occhi della figlia, vittima collaterale, che la violenza l’ha subita da testimone impotente di quanto accadeva alla madre.

La paura negli occhi della bimba è stata la molla che ha permesso alla donna di fare il primo passo verso la richiesta d’aiuto che fino a prima aveva sempre rifiutato. l’efficacia della rete ha permesso non solo di mettere fine alle infinite violenze, ma anche di far emergere le proporzioni di quegli anni di sevizie che hanno lasciato sul corpo di quella donna, i cui lineamenti del volto sono stati trasformati dalle percosse, 36 lesioni gravi permanenti, raccolte nel documento del medico legale, dando prova di una capacità di sopravvivenza che ha stupito e sconvolto gli operatori e le forze dell’ordine che ne hanno preso in carico il caso. (f.f.)

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