Il saluto commosso del Bonci

Rimini

CESENA. Sono stati celebrati nella chiesa di Sant’Andrea, nel centro di Orvieto, i funerali di Anna Marchesini, la popolare attrice morta all’età di 62 anni per l’artrite reumatoide che l’aveva colpita da tempo. Ad accompagnare fino in ultimo il feretro sono stati Massimo Lopez e Tullio Solenghi, accanto familiari dell’artista. «Il Trio continua e si ricongiungerà» hanno detto i due visibilmente commossi e provati al termine della funzione religiosa.

Ieri, nel giorno del esequie, anche il Teatro Bonci di Cesena ha voluto ricordare l’attrice.

«Anna Marchesini veniva dalla Prosa - spiega Franco Pollini - dall’Accademia da lei frequentata mentre già utilizzava i molti linguaggi della creazione artistica e letteraria, nei quali avrebbe poi a lungo esercitato la propria straordinaria qualità, e alla Prosa infine è ritornata negli ultimi anni della sua carriera, dolenti e umanissimi».

Il Teatro Bonci l’ha conosciuta nella fase centrale della sua carriera: «Quella più nota e più ricca di successi, quando insieme ai colleghi Massimo Lopez e Tullio Solenghi diede vita al sodalizio artistico e alla compagnia teatrale forse più popolare in Italia della fine del Novecento. Condividevano una storia che nasceva sui palcoscenici dei Teatri, una formazione approfondita e ampia e una serie di riferimenti letterari molti vasti e molto intensi: la loro capacità di distruggere il consueto, il conformista, l’ipocrita, che portava ad una comicità a volta ironica, a volte scatenata, sempre travolgente, nasceva da una tecnica sopraffina e da anni di tournée teatrali».

Al Bonci hanno debuttato dopo settimane intense di prove con i loro due spettacoli più noti, che hanno esaurito per anni i Teatri italiani: “Allacciate le cinture di sicurezza” del 1987 e “In principio era il Trio” del 1990 che precedette di poco lo scioglimento della compagnia nel 1994, dopo dodici anni di successi senza paragoni, in televisione e a Teatro.

«La presenza di Anna Marchesini a Cesena e al Bonci in quei lunghi periodi di prove, di creazione di testi e spettacoli che nascevano dalla interazione tra i tre protagonisti e dalle prove sulla scena e con il pubblico, resta indimenticabile, per la quotidiana capacità di rendere naturale e piacevole ogni attività e ogni rapporto.

Anna Marchesini ha mantenuto anche negli anni seguenti, per più di un ventennio, la capacità senza paragoni di essere un “medium” comico con la realtà, una solista dell’ironia in grado di esercitarsi nei monologhi così come nel gioco di squadra, in cui a turno ogni componente, funge da “spalla” e da “goleador”: anche durante la lunga malattia, che ha vissuto con grande semplicità e naturalezza, non sono mancate le occasioni, soprattutto in televisione, per essere ancora travolti dalla sua comicità immediata e spontanea, ma restano indimenticabili le sue interpretazioni teatrali che appunto hanno riportato sul palcoscenico il talento interpretativo delle origini della sua carriera, tra teatro e letteratura. In lavori come “Le due zittelle” di Landolfi, che non abbiamo visto al Bonci, e “Giorni felici” di Beckett che invece abbiamo programmato nel 2008 con un breve periodo di prove e la prima rappresentazione assoluta, Anna Marchesini dimostrò di essere una delle attrici “tragiche” contemporanee più intense: tragiche perché i testi che interpretava, e quindi i registri che doveva spendere, erano “tragedie”, nell’unico modo in cui si può attraversare il tragico nella contemporaneità, cioè nella commedia dell’assurdo, un genere in cui Anna si dimostrò di una levatura superiore; ma contemporanee, cioè capaci di toccare sempre la quotidianità del vivere, di parlare della condizione umana di oggi, senza la mediazione della classicità. Il risultato è stato di grande intensità, per la capacità di comunicare al pubblico sensazioni, emozioni, sentimenti, di condividere, in uno scambio in cui giocava anche un risultato formidabile e “tragico” il ricordo, la memoria di una comicità perduta: questa rinuncia, per cause di forza maggiore, dovute ai percorsi inattesi della vita, assegnava a quei momenti straordinari di spettacolo un senso appunto di tragicità che non sfuggiva ad alcuno tra gli spettatori.

Per altro, la Marchesini era un’attrice di prosa consapevole della necessità di esprimere i contenuti più profondi, l’impegno, con una forma agile di rappresentazione teatrale.

La sua qualità umana e artistica mancherà a tutti noi».

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