Casadei torna in campo dopo 2 anni di stop

Rimini

CESENA. Dopo 781 giorni di stop Andrea Casadei, classe 1990, una settimana fa è tornato ad arbitrare. Ad imporgli questa lunga pausa è stata una leucemia mieloide acuta, contro cui ha combattuto per due anni e che ha sconfitto dopo 5 cicli di chemioterapia e un trapianto di midollo.

La malattia gli era stata diagnosticata ad aprile del 2014: «La domenica avevo arbitrato una partita a Fossombrone - ricorda Andrea - mi ero sentito un po’ più stanco del solito, ma nulla di allarmante. È stato grazie ad una donazione di sangue che mi hanno scoperto la malattia. Ero andato a donare il sangue il lunedì successivo a quella partita. Mi richiamarono immediatamente per fare un prelievo di controllo perché c’era qualcosa che non andava. Quando arrivò l’esito del controllo il medico mi fece vedere il referto pieno di stelline e mi suggerì di tornare accompagnato dai genitori. Lì per lì si limitò a dirmi che si trattava di qualcosa di «importante» ma ancora non sapevo cosa, anche se nel parlare la dottoressa di lasciò scappare la parola «midollo» che aveva acceso qualche campanello».

Andrea Casadei era donatore Avis da quando aveva 18 anni e proprio quell’appuntamento ormai diventato abitudine ha segnato una svolta inaspettata nella sua vita. A quel colloquio fece seguito il ricovero a Ravenna («Cesena non ha un reparto di degenza di ematologia-oncologia») e i cicli di chemioterapia. Il 2014 è stato un anno ad alta densità di emozioni contrassegnato sì dalla malattia, ma anche dalla nascita di Simone il primo figlio di Andrea e della compagna Azzurra: «Il 20 ottobre sono diventato papà di Simone e la fortuna ha voluto che nascesse un po’ in anticipo mentre ero a casa». Cita spesso la fortuna Andrea quando racconta la sua storia, anche se quella che traspare è soprattutto la determinazione e la forza d’animo che lo hanno accompagnato nei due anni di malattia. «Durante la degenza ho preparato l’ultimo esame e ho scritto l’80% della tesi», racconta e aggiunge ridendo: «Non c’è molto da fare quando si è ricoverati».

Così sempre nel 2014 a luglio ha dato l’ultimo esame, a dicembre ha discusso la tesi e concluso il suo percorso di studi alla facoltà di Economia e Commercio di Forlì. «A dicembre avrei dovuto ricevere il trapianto di midollo - racconta - e invece il donatore tedesco con cui ero risultato compatibile, non si sa per quale motivo risultava irreperibile. Questo è il motivo per cui ho ricevuto la donazione da mio fratello Francesco. All’epoca era ancora minorenne e questo ha fatto slittare il trapianto di qualche mese, lasciandomi il tempo di discutere la tesi e laurearmi». Il trapianto venne fissato per il 9 gennaio 2015, data che segna l’inizio di un altro fase tutt’altro che facile: «La chemioterapia che precede il trapianto annulla completamente le difese immunitarie, i giorni successivi al trapianto si prova un dolore che solo la morfina può aiutare a controllare. Poi un po’ alla volta cominci a calare le dosi, provi a mangiare e bere... Comincia così la ripresa. Sono rimasto in degenza fino a metà febbraio. All’inizio i controlli erano a cadenza settimanale, adesso ogni 3 mesi, da gennaio non prendo più medicine».

Cinque i pilastri che lo hanno sorretto in questi due anni. Avis: «Se non fossi stato donatore chissà quando me ne sarei accorto della malattia», i medici che lo hanno seguito «Figure umanamente e professionalmente straordinarie», l’Ail e i suoi volontari «Ci sono giornate in cui anche un semplice “come stai?” fa la differenza», l’Associazione Italiana Arbitri: «Ho ricevuto un sostegno e un riconoscimento che mai avrei immaginato», ma soprattutto «La mia famiglia e la mia morosa Azzurra. Sono questi i capi saldi senza cui probabilmente non sarei qui».

Prima il ritorno al lavoro e una settimana fa il ritorno in campo: «Adesso voglio divertirmi e stare bene, solo i capelli stanno tardando a tornare, ma è solo questione di tempo».

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