Dagli scavi affiorano tre epigrafi

Rimini

CESENA. Nuova fase di lavoro per il cantiere archeologico di piazza della Libertà. Dopo lo scavo estensivo eseguito fino a una profondità di circa 40 centimetri dal piano stradale, nel diario online che racconta l'evolversi dello scavo si spiega come proseguiranno che le indagini archeologiche e si dà conto di tre epigrafi rinvenute.

In particolare, ora si prevede l’esecuzione di trincee finalizzate alla posa delle alberature ai margini della piazza.

Nel frattempo, gli archeologi di “AdArte” sono al lavoro per la catalogazione dei reperti, tra i quali segnalano tre epigrafi riconducibili all’età post-medievale, al cui studio preliminare ha lavorato Marino Mengozzi, direttore dell’ufficio diocesano per l’arte sacra e i beni culturali.

La prima è un’epigrafe frammentaria datata 8 dicembre dell’anno giubilare 1725, originariamente collocata su un fianco dell’altare maggiore della cattedrale. Il testo ricostruito e tradotto dal latino recita: «Questo altare maggiore, già eretto e consacrato dall’allora vescovo di questa Chiesa cardinale Orsini, ora Sommo Pontefice di tutte le Chiese felicemente regnante, in seguito smontato e spostato, poi ricollocato nella sede precedente e con l’antico splendore, Giovanni Battista dei conti Orsi seguendo principalmente il magnifico esempio del Santo Padre, con l’auspicio generale, nuovamente consacrò l’8 dicembre dell’anno giubilare 1725». Il Vincenzo Maria Orsini di cui si legge fu cardinale vescovo di Cesena dal 22 gennaio 1680 al 18 marzo 1686, quando venne trasferito nella sede metropolitana di Benevento per poi essere eletto papa, col nome di Benedetto XIII, il 29 maggio 1724 (morì il 23 febbraio 1730). Giovanni Battista Orsi, invece, fu vescovo di Cesena dal 21 marzo 1725 al 15 novembre 1734 (dimesso): nato a Forlì il 17 giugno 1668, il 26 dicembre 1711 fu consacrato nell’Ordine degli Oratoriani di San Filippo Neri.

Più lacunosa la seconda epigrafe. Nelle parti di testo recuperate vengono citati don Lazzaro Ridolfi (22 febbraio 1837-25 maggio 1919), cappellano corale della cattedrale di Cesena e don Giovanni Ravaglia (29 marzo 1864-17 marzo 1949), canonico e curato della cattedrale di Cesena. Ma l’espressione chiave dell’epigrafe è “charsici hieromartyris”, che dovrebbe riferirsi - spiegano gli esperti - ad un sacerdote (hieromartyr va inteso nel senso di persona consacrata sacrificatasi) ucciso sul Carso. «Poiché i due citati sacerdoti - viene fatto notare - non persero la vita nella grande guerra, al momento, a causa della lacunosità dell’epigrafe e in attesa di ulteriori ricerche d’archivio, non è possibile formulare ipotesi in relazione all’identità di questo sacerdote-martire».

Infine, la terza epigrafe dovrebbe essere parte di un coperchio o comunque di un elemento di copertura di una struttura non meglio identificabile (potrebbe essere un ossario così come una cisterna) appartenuta al vicino ospedale del Santissimo Crocifisso.

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