Affari sporchi di 16 clan

Rimini

CESENA. Sono 16 i clan appartenenti alle diverse mafie che sono stati in qualche modo coinvolti in operazioni di polizia condotte nel territorio di Forlì-Cesena. E la parte del leone la fa la ’ndrangheta calabrese, con ben 11 famiglie e gruppi censiti. Emerge dal rapporto 2014 che la Fondazione intitolata al giudice assassinato Antonino Caponnetto ha dedicato alla presenza della criminalità organizzata in Emilia Romagna.

Anche di questo si è parlato ieri sera, nell’aula magna della Biblioteca Malatestiana, durante un incontro pubblico organizzato dal “Tavolo della Legalità Cesenate”, dall’eloquente titolo “Mafie: infiltrazione o radicamento?”.

E’ stato un interessante momento di approfondimento su un tema di cui da queste parti si continua a parlare troppo poco, ritenendolo a torto lontano.

I relatori Davide Grassi (avvocato penalista), Mirto Bassoli (segretario regionale della Cgil) e Nadia Monti (assessore del Comune di Bologna e coordinatrice regionale di “Avviso Pubblico”) hanno aiutato tutti a capire che invece bisogna tenere alta la guardia.

Un segnale forte in questa direzione sarà lanciato il 17 marzo, quando per il terzo anno i ragazzi delle scuole superiori di Cesena saranno protagonisti di un corteo che si muoverà alle 10 dalla zona della stazione, per raggiungere poi piazza del Popolo, dove sono in programma testimonianze e riflessioni. Il tutto nell’ambito della 20ª “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”.

Tornando alla “fotografia” dei clan che hanno lasciato allarmanti impronte nella zona di Forlì- Cesena, la Fondazione Caponnetto ne elenca 16 (un numero in linea con quello registrato nelle altre due province della Romagna, dove complessivamente le forze dell’ordine hanno avuto a che fare con 48 situazioni riconducibili a cosche). Eccoli: Arena, Bellocco, Condello, Dragone, Forastefano, Giampà, Grande Aracri, Masellis-Lentini, Muto, Nicoscia, Romeo (Calabria); Ascione-Suarino, Birra-Iacomino, Casalesi, D’Alessandro (Campania); Sacra Corona Unita (Puglia).

Entrando più nel dettaglio, nella relazione della ricerca effettuata dalla Fondazione Caponnetto si legge che nel territorio di Forlì-Cesena «sono state riscontrate le presenze di personaggi collegati alla ’ndrina dei Forastefano di Cassano allo Jonio, nel Cosentino. Nello stesso centro hanno mostrato interesse ad operare noti appartenenti a cosche criminali calabresi, quali i Condello, Bellocco, i Muto di Cetraro, gli Arena, i Dragone, i Grande Aracri, i Nicoscia del Crotonese e i Masellis-Lentini. Rilevanti sono gli interessi nel territorio da parte della criminalità organizzata casertana. Da rammentare, in proposito, le operazioni “Doma” e “Criminal Minds”, che hanno coinvolto persone ritenute appartenenti o contigue ai Casalesi (il famigerato clan reso famoso dalla serie televisiva “Gomorra”, ndr) e al clan D’Alessandro. La provincia è stata interessata anche nell’operazione svolta dai carabinieri nei confronti del clan Birra-Iacomino, particolarmente attivo nella zona di Ercolano».

La lotta contro queste piaghe inizia comunque a dare qualche frutto importante, a partire dall’utilizzo di uno degli strumenti più temuti dai mafiosi di ogni specie: la confisca dei beni di loro proprietà. Nel territorio di Forlì-Cesena sono già 28 gli immobili tolti dalla disponibilità dei criminali con la prospettiva di essere destinati ad utilizzi pubblici per fini sociali. La maggior parte si trova a Forlì (21). Completano il quadro 2 a Forlimpopoli e altri 5 nel Cesenate: due a Cesenatico (tra i quali spicca la ex colonia “Prealpi” a Villamarina, che è stato trasferito al Comune nel 2003, con l’intenzione di ricavarci 32 alloggi da dare in affitto convenzionato alle fasce sociali deboli), due a San Mauro Pascoli e uno a Gatteo.

 

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