Come gestire la plusvalenza nella vendita degli immobili

Rimini

Ho comprato un immobile come seconda casa e lo ristrutturo usufruendo delle detrazioni fiscali. Se stabilisco di venderlo a un prezzo più alto, quali tasse devo pagare e su quali importi?

Faccio un esempio: se compro a 80mila euro con spese di acquisto notarili e imposte di 5mila euro, e spese di ristrutturazioni per 20 mila euro, il totale è di 105 mila euro. Se per ipotesi decido di vendere l’immobile entro un anno, posso mantenere le detrazioni fiscali?

La cosiddetta “plusvalenza”, ossia il guadagno che il privato ottiene al momento della vendita di un immobile con riferimento all’aumento di valore avvenuto tra l’acquisto e la rivendita dell’immobile medesimo, è soggetta a tassazione nelle ipotesi previste dagli artt. 67 e 68 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

In particolare, si prescrive che sono soggette a tassazione «le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante».

In base a questa norma, la plusvalenza è tassata solo se il fabbricato venduto è stato acquistato (o costruito) da meno di cinque anni; o non è pervenuto per successione; oppure, infine, non è l'abitazione in cui il proprietario ha avuto la propria residenza (o quella di un suo familiare) per la maggior parte del tempo che è passato tra l'acquisto (o la costruzione) e la rivendita.

L’art. 68 del TUIR specifica inoltre che tali plusvalenze sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. In merito a tale ultimo aspetto, in considerazione del fatto che la lettera della norma parla di costo inerente all’immobile oggetto di cessione, andrà valutato caso per caso l’inerenza del costo al bene immobile; certamente possono essere detratte le spese di acquisto (spese notarili, imposte pagate per l’acquisto, spese di mediazione), nonché le spese di costruzione, di ristrutturazione e di manutenzione straordinaria.

Nel caso da Lei prospettato, pertanto, qualora l’acquisto sia avvenuto per il corrispettivo di 80 e i costi inerenti all’immobili ammontino complessivamente a 25, in caso di rivendita a 115 la tassazione della plusvalenza dovrà essere riferita alla differenza di importo tra 115 e 105 mila euro (80 + 25). La plusvalenza deve essere inserita nella dichiarazione dei redditi del venditore, e viene tassata in base alle aliquote progressive applicabili al suo reddito complessivo.

L’aliquota minima è del 23%, quindi è sempre conveniente chiedere al notaio che stipula l’atto di vendita l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 20%. Infatti, in caso di cessione a titolo oneroso di fabbricati e terreni non edificabili, acquistati o costruiti da non più di cinque anni, all’atto della cessione e su richiesta della parte cedente resa al notaio, in deroga alla disciplina di cui all’articolo 67, sulle plusvalenze realizzate si applica un’imposta del 20% sostitutiva dell’imposta sul reddito. Tale opzione costituisce un indubbio vantaggio per il contribuente, che oltre a conseguire l’applicazione dell’aliquota “secca” del 20%, in luogo dell’aliquota Irpef normalmente applicabile in caso di inserimento della plusvalenza nella dichiarazione dei redditi, è esonerato per legge dai controlli fiscali straordinari e accertamenti induttivi previsti nelle medesime disposizioni.

Per quanto riguarda l’ultima parte del Suo quesito circa la possibilità che il venditore possa mantenere la detrazione ai fini IRPEF relativa all’intervento di ristrutturazione dell’immobile oggetto di compravendita, la normativa prescrive che in caso di trasferimento per atto tra vivi dell’unità immobiliare, per la quale ci si è avvalsi della detrazione ai fini IRPEF, nelle quote annue di detrazione, non ancora utilizzate al momento del trasferimento, subentra la parte acquirente, il quale, pertanto potrà usufruire della detrazione non ancora “consumata”. Tuttavia, le parti possono accordarsi nel senso di evitare tale subentro, con conseguente riserva a favore dell’alienante della detrazione non ancora “consumata”. Va peraltro segnalato che in mancanza di accordo tra le parti, formalizzato con apposita clausola da inserire nell’atto traslativo, la detrazione residua passa all’acquirente.

PER QUESITI SCRIVERE A: consiglioravenna@notariato.it

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