Spiare le maestre non è la soluzione

Rimini

Ho visto e rivisto decine di volte le immagini diffuse dai carabinieri. Ovviamente, come tutti e come padre di una bambina che ha terminato lo scorso giugno l’asilo e di una bimba che frequenta il nido, ne sono rimasto impressionato e turbato.

Una domanda però mi è rimasta in testa: cos’avrei (e avremmo) davvero visto se nessuno, prima di cliccare play, mi avesse detto che quello era il video che immortalava le violenze di una maestra di asilo? In quei settanta secondi si vede una donna corpulenta che troppo spesso solleva i bambini afferrandoli per le braccia come fossero sacchi di carbone, a volte strattonandoli. E s’intuisce che quella signora, probabilmente, non è più adeguata, ammesso che lo sia mai stata, a trattare dei bimbi di tre anni in una struttura educativa. I carabinieri e il pubblico ministero che hanno condotto le indagini e che l’hanno arrestata, e il giudice che ha convalidato la misura cautelare dei domiciliari, evidentemente hanno visto molto altro, beneficiando di immagini di qualità migliore e di tutto il materiale raccolto in mesi e mesi di inchiesta. Diranno i giudici, nei tre gradi di giudizio, se la maestra ha maltrattato i piccoli o se invece li ha “solo” trattati con modi e maniere fuori dal tempo. L’avrebbe potuta fermare il Comune di Rimini tenendo conto che già nel 2010 era stata sospesa dal lavoro per comportamenti simili in un altro asilo? Col senno di poi è facile rispondere. Col senno di prima mica tanto.

Un dato rilevante resta: quelle immagini e la notizia dell’arresto hanno scatenato una paura collettiva che pare avere corrotto all’istante quel patto di fiducia che ogni genitore stabilisce con le maestre a cui affida i propri figli. Immediatamente è stato indetto un sit-in sotto il Comune di Rimini per chiedere difese “per chi non si può difendere” e parallelamente è partita una petizione per avere telecamere negli asili. Su Facebook e sulle chat di Whatsapp si è scatenato il panico.

Di fronte a un solo caso, per altro di una gravità tutta da dimostrare in sede processuale, migliaia di mamme sembrano guardare con occhi differenti le centinaia e centinaia di insegnanti che con professionalità e dedizione si prendono l’enorme responsabilità di crescere bimbi da pochi mesi di vita a 5 anni. Vogliono un occhio elettronico, le mamme, capace di vigilare al posto loro. Ma funzionerà davvero e sarà una garanzia per i nostri figli o genererà soltanto altre ansie e altri dubbi? Quante volte una carezza data durante un capriccio finirà per apparire come uno schiaffo? Quante volte un bambino sollevato al cielo per gioco, provocando un pianto inaspettato - cosa normalissima in età da nido - sembrerà un piccolo scosso con violenza da una maestra cattiva? Chi “leggerà” le immagini riprese dalle telecamere? Per valutare il comportamento dell’insegnante arrestata sono serviti mesi di riprese dei carabinieri e serviranno anni di processo per stabilire se effettivamente ha commesso dei reati: i genitori sono in grado di farlo? C’è qualcuno che può farlo al loro posto? Quanti casi vagamente sospetti genereranno un allarme sociale ingiustificato?

Non solo. Un insegnante, correndo il rischio di essere incriminato per un comportamento del tutto normale, continuerà ad avere un rapporto anche fisico (abbracci, carezze, coccole) con i bimbi - cosa necessaria specie in tenerissima età dato che sostituisce le amorevoli cure della madre - o terrà invece un atteggiamento del tutto anaffettivo, distaccato?

Come spesso capita, specie se la si butta in politica come in questo periodo, gli slogan sono facili da scandire ma poi le soluzioni ai problemi necessitano di riflessioni più complesse. Il problema della sicurezza dei bambini esiste, anche se parliamo di un caso del tutto isolato, ma non è sospettando un mostro dentro ogni maestra che si trova una risposta adeguata.

Ogni genitore sa benissimo che i bambini richiedono un’energia enorme e che è solo se si è sereni che li si riesce a trattare nel migliore dei modi, evitando di perdere la pazienza. Ecco, forse le maestre che si occupano dei nostri figli avrebbero bisogno di essere formate e sostenute ancora meglio dalle istituzioni. Invece di controllarle spiandole con un occhio che rischia di produrre immagini “deformate”, forse sarebbe meglio aiutarle con verifiche e sostegni psicologici, laddove se ne avverte l’esigenza. La routine del lavoro mette ognuno di noi in condizione di dare il peggio: nel caso degli insegnanti di nidi e asili questo peggio può essere terribile e dannoso. A nessuna maestra però viene chiesto se è stressata o se occuparsi di bambini in un periodo complicato della propria vita può risultarle particolarmente gravoso. A nessuna viene data la possibilità di stare per un periodo in panchina (magari occupandosi di altro), dunque in condizione di rigenerarsi e non nuocere, senza perdere stipendio né posto di lavoro: forse sarebbe il caso di cominciare a farlo. Sarebbe importante per le insegnanti ma soprattutto per i bimbi che altrimenti sono costretti a pagare la parte più salata del conto.

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