Cino Ricci si racconta

Rimini

Pescatore, costruttore, marinaio, velista, comandante, manager, giornalista, cacciatore... La vita di Cino Ricci è un lungo elenco di attività e di iniziative vissute con passione e coraggio. Nei giorni scorsi è uscito il libro sulla vita dello skipper romagnolo (“Odiavo i velisti”, edizioni Longanesi, scritto con Fabio Pozzo, giornalista de “La Stampa”). Un libro “covato” per cinque anni, incentrato su un campione di romagnolità: Cino è nato a Rimini da genitori forlivesi, i suoi primi approcci col mare li ha avuti a Cervia, è stato presidente del Circolo di Cesenatico e vive da parecchi anni a Ravenna.

La mamma gli raccontò che a portarlo al mondo non fu una cicogna e non nacque nemmeno sotto i cavoli. «Un pesce enorme, come una balena, contornato da mille pesciolini argentei, che è arrivato sulla spiaggia della Barafonda, a San Giuliano, e lì ti ha lasciato».

Il libro va a colmare un grosso vuoto. Difficile trovare un personaggio del suo calibro di cui non si sia occupata una biografia. Nato il 4 settembre del 1934, è cresciuto coi pescatori di Cervia, poco alla volta si è avvicinato alla vela. E’ lo skipper venuto dal basso, quello che negli anni Sessanta va in Bretagna (Glenans) per imparare la navigazione d’altura lasciando in Italia una vela con la puzza sotto il naso concentrata sulle regate tra le boe davanti ai circoli. E proprio in Francia Cino riesce a farsi strada partendo dai ruoli più umili a bordo per approdare a quello di skipper, un vero comandante capace di formare le squadre e di motivare gli uomini. Un caso unico, un italiano che finisce, tra Marsiglia, la Bretagna e Cowes, per essere al comando di inglesi e francesi (di solito poco teneri col Belpaese). Fa da apripista alla grande vela per gli armatori italiani. Gli affidano barca e comando. Al resto pensa lui.

Sono proprio i meriti conquistati sul campo che ne fanno lo skipper ideale di quanti sognano un’Italia per la prima volta lanciata nella sfida alla Coppa America. Così, nel 1981, sollecitato dal progettista Andrea Vallicelli, Cino va a trovare Gianni Agnelli e il più potente industriale italiano gli dà carta bianca per la prima sfida tutta italiana alla famosa brocca d’argento. Con una raccomandazione. «Ricci, non andiamo a fare la figura dei cioccolatai». E’ così che nasce l’avventura di Azzurra, per alcuni un punto di svolta per lo sviluppo della nautica popolare in Italia. Cino d’altra parte ha dato il suo contributo all’affermazione di alcuni cantieri nautici romagnoli che a cavallo fra anni Settanta e Ottanta fanno della Romagna il più importante polo nautico della vela in Italia.

Quando rompe col consorzio di Azzurra, Cino non sta con le mani in mano. Si inventa commentatore televisivo e la sua popolarità cresce ancora (Teo Teocoli infila la cerata gialla e ne fa una imitazione fra le più richieste). Lo skipper romagnolo viene chiamato come consulente per la realizzazione dei porti turistici, dà vita al Giro d’Italia a vela, dove passa il fior fiore dei velisti.

Il dietro le quinte della Coppa America occupa gran parte del libro. Ma qua e là affiorano le perle: i ricordi dell’infanzia, l’amicizia con Uccio Ventimiglia e le battute di caccia sul Pollino, le grandi regate d’altura (dal trionfo alla Middle Sea Race col Comet 910 al Fastnet del ‘79 dove 15 persone morirono sorprese da una fortissima tempesta mentre lui fu uno dei pochi a portare all’arrivo barca ed equipaggio). Del resto di roba da raccontare nella vita di Cino ce n’è talmente tanta che potrebbe scrivere un altro libro.

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