«Si può far sognare la gente anche con la navigazione costiera»

Rimini

RAVENNA. Velista, progettista di barche, consulente nautico, progettista di opere portuali... quale di queste definizione sente più sua?

«Mi sento un progettista. Ma un progettista che conosce il mare».

Perché?

«Ho cominciato presto, andando in barca per fare regate e per me è stato un grande vantaggio, altrimenti come progettista mi sarei dovuto affidare alle sensazioni di altri che possono essere determinate da fatti non propriamente tecnici. Ci sono progettisti che come me sono andati e vanno per mare, ma anche altri che pensano che la capacità di eseguire un rendering e aver frequentato un master possano fare un progettista completo. Ma il percorso è lungo: ci vuole passione, conoscenza dell’elemento e cultura specifica».

Di quali progettisti del passato e del presente ha più stima?

«Dei contemporanei Bruce Farr, Rolf Vrolick, German Frers e Marcelino Botin. Nel passato l’uomo che ha messo insieme l’arte e la scienza è Nathanael Herreschoff, dopo di lui Olin Stephens, il primo che trasformò in una professione lo yacht design aprendo uno studio dedicato allo yachting dove si sono formati tanti grandi, come German Frers. A Botin sono anche legato da un episodio. Durante un mondiale avevamo Vasco Vascotto, attuale tattico di Luna Rossa, al timone e la mia barca ruppe il boma. Un boma di ricambio ci fu prestato proprio da Marcelino che aveva ricevuto la barca in regalo dal padre per la laurea, il giorno dopo vinsero il Campionato del mondo».

Il vostro studio ha ormai 60 anni e ha attraversato più fasi. Quando suo padre Epaminonda cominciò in quale fase eravamo?

«Con lui la progettazione nautica è stata riconosciuta anche in Italia come professione specifica contribuendo così all’affermazione del Made in Italy in questo settore che è tra i più apprezzati all’estero. Gran parte della sua attività fu dedicata alle unità in vetroresina che venivano prodotte in serie, dai 17 ai 37 piedi. Il Classis 26 è suo, nasce nel 1967 ed è il primo modello di barca realizzato in vetro resina in Italia. Uno dei suoi motti era: faccio la barca per tutti e in effetti contribuì a rendere la nautica da diporto popolare e a creare nuovi utenti del mare. Aveva persino pensato al campeggio nautico...».

Oggi il mondo è cambiato. Alcune barche sono dotate di foil, si sollevano e “volano” sull’acqua. Vedremo queste novità anche sulle barche da diporto?

«Ho l'impressione che saranno introdotti un po’ alla volta, non sarà un cambiamento epocale di tutta la nautica ma ci saranno».

Perché... cosa è stato epocale?

«Ci sono innovazioni che hanno segnato la facilità di conduzione, come la randa Marconi, il timone separato, o la navigazione come il Gps. Alle barche da turismo deve restare una capacità di trasporto che mi pare non sia facile da realizzare con i foil».

La nautica italiana ha vissuto un periodo di forte espansione fino al 2008. Poi la crisi ha colpito questo settore più di altri. Si tornerà ai tempi d’oro?

«Il Made in Italy della nautica da diporto, inteso come quella filiera che dalla progettazione arriva alla realizzazione, è stato ed è tuttora una valore riconosciuto nel mondo al pari della moda e altre eccellenze. Quando è arrivata la crisi, il settore in Italia ne ha risentito di più, soprattutto le aziende che erano orientate prevalente sul mercato interno. Purtroppo certe scelte del governo Monti, hanno distrutto un settore che era già provato dalla crisi per la fuga degli armatori. Così abbiamo perso quello che avevamo conquistato».

Come se ne esce?

«Dobbiamo formare una nuova classe sociale di appassionati della nautica. Quando avevo 20 anni andare in barca era un atto di vanto, significava appartenere a un mondo invidiato per la possibilità di vedere luoghi e vivere il mare. Passeggiare a Milano con un abbigliamento che denotasse l’appartenenza marina era qualcosa di invidiabile e che stimolava la voglia di avvicinarsi al mare. Era un lusso fatto di ambiente e passione, non di pura vanità. Oggi abbiamo bisogno di nuovi utenti da avvicinare al mare, sia a vela sia a motore. Dobbiamo trovare la chiave per far appassionare al mare le nuove generazioni, un valore che mi ha trasmesso la famiglia, il nostro mare e Ravenna. Ma non è con l’esasperazione delle regate degli Optimist dedicate ai bambini che otterremo questo. E lo dice uno che in barca è andato soprattutto per regatare... Oggi, purtroppo, ci sono ragazzini che smettono di andare in barca a tredici anni, quando io feci la mia prima regata!».

Quale può essere una strada?

«Vedrei uno spazio nella cantieristica per ricreare una nautica “minore”, fatta di barche dai 7 ai 10 metri che possano tornare a far sognare la gente, magari anche soltanto con la navigazione costiera. E qui la politica dovrebbe venire incontro creando approdi lungo le coste o dando la possibilità come avviene in paesi come gli Usa di poter mettere in mare gratuitamente la propria imbarcazione ed incentivando questa tipologia di barche magari con un’IVA ridotta o altri incentivi per la cantieristica che ha diffidenza ad affrontare queste taglie. Ho sul tavolo alcuni concept molto interessanti da proporre».

Quale sarebbe oggi la sua barca ideale?

«Oggi? Nonostante i miei trascorsi da regatante, mi piacerebbe una barca più ‘riflessiva’ per riavvicinarmi anche alla crociera, con mio figlio e amici».

Ci sarà una terza generazione di Ceccarelli al timone dello studio?

«Mio figlio Tommaso per ora sta studiando ingegneria ... poi vedrà lui».

Quali sono i successi che ricorda più volentieri, come progettista e come velista?

«La vittoria di Mascalzone latino nelle selezioni della Louis Vuitton Cup contro i francesi mi entusiasmò al punto che mi tuffai nelle acque fredde di Auckland. Da velista la vittoria della Cento Miglia del Garda e i dieci titoli mondiali, in particolare quello di Napoli nel ’97 con l’ILC 30 KIND OF BLUE timonato da Antonio Sodo e tattico Vasco Vascotto».

I vostri progetti girano il mondo. Avere la base del vostro lavoro in una città come Ravenna è un vantaggio o un handicap?

«Noi abbiamo il mare, il nostro Adriatico che mio padre chiamava selvaggio, e bene o male ci dialoghiamo fin da piccoli. Per essere buoni designer nella nautica da diporto bisogna conoscere gli oggetti che si realizzano: tutti hanno una forchetta in mano a un anno di vita o salgono in auto, ma pochi vanno in barca e hanno vissuto situazioni formative in un ambiente che alla fine è generoso di panorami ma può essere del tutto ostile.

Forse nel passato è stato un limite oggi non più.

Milano, per la sua dimensione internazionale, potrebbe dare maggiore opportunità per i contatti che si possono intrecciare.

Ma Ravenna è una città d’arte dove i clienti amano venire. Ed è una realtà, grazie alla sua vasta area portuale e alla cantieristica presente, che ha ancora potenzialità per un ulteriore sviluppo sia per la produzione in serie che per le grandi unità a motore oltre i 35 metri come già sta avvenendo con la realtà della Rosetti Super Yacht».

UNO STUDIO CHE FA NAVIGARE OLTRE MILLE BARCHE

Giovanni Ceccarelli, ingegnere, classe 1961, figlio di Epaminonda Ceccarelli (1925-2011), guida lo studio “Ceccarelli Yacht Design and Enginering”, il primo fondato in Italia, che si occupa con continuità della progettazione nella nautica da diporto. Sono oltre mille le imbarcazioni che navigano nel mondo con la firma Ceccarelli. Per due volte è stato principale designer in Coppa America (Mascalzone Latino e +39 Challenge). Ha ricoperto il ruolo di direttore dell'ingegneria nel progetto di rimozione del relitto della Costa Concordia (2012-2014), impegno per il quale è stato insignito del titolo di cavaliere. Si è occupato anche della Gockbel affondata davanti a Ravenna.
Come progettista, nell'ambito sportivo, ha vinto dieci titoli mondiali più diverse altre regate importanti come la Cento miglia del Garda e di classe la Middle Sea Race. Come velista ha vinto, fra le altre cose, tre campionati italiani in deriva e in altura come timoniere.
Tanti i riconoscimenti ricevuti, Giovanni Ceccarelli e il suo studio non si occupano solo di imbarcazioni ma anche di progettazione di porti e infrastrutture portuali e di consulenze legate alla nautica.
Ha ricoperto incarichi da docente in ambito master presso IED , ISYE , Polimi, UED ed anche a contratto Universitario per UNIBO .
Gli appassionati di nautica possono trovare il suo stile in barche come gli Azuree (33 e 40 piedi), i Rimar (45 RS, 41.3 e 44.3), i Grand Soleil (un nuovo 80 piedi è in fase di realizzazione), Neo Yachts con il NEO 350 e 400 , Carnevali Yachts con la linea di barche a motore , De Cesari (ricordiamo il Seridama), sempre nel motore con il Cantiere Alto Adriatico ed Eleva Yachts con The Fifthy, un fast cruiser di 50 piedi costruita in serie a Fan

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui